Anna Laura Consalvi
La crisi c’è e questo è un dato di fatto incontrovertibile. A volte però la situazione può addirittura peggiorare, come dimostra quello che succede nel comune di Tivoli, dove il passaggio da un’amministrazione all’altra non ha di certo migliorato uno stato dei fatti già difficile di per sé. Sotto la lente di ingrandimento c’è sicuramente la politica delle entrate su cui il municipio, che ha bisogno come non mai di recuperare soldi, punta parecchio. In cima alla lista spicca l’operazione di raccolta delle tasse non pagate messa in piedi dalla Andreani Tributi, la società maceratese finita al centro di una serie di polemiche che finora pochi risultati hanno sortito. Dal 2012, all’epoca alla guida della città c’era Sandro Gallotti, l’azienda lavora con l’Asa spa, la municipalizzata che gestisce il servizio di raccolta dei rifiuti, emettendo cartelle esattoriali relative ai mancati pagamenti della tassa sulla nettezza urbana, che prevedono un aggio decisamente importante, parliamo del 26%. Una macchina non proprio ben rodata, visto che sulla effettiva legittimità dell’operazione, all’epoca autorizzata con una delibera di giunta, si è detto tutto e il contrario di tutto, ma che nonostante tutto continua a muoversi, come testimoniano i numerosi avvisi arrivati in queste settimane. «Stanno partendo gli accertamenti per il 2012 che utilizzano sempre gli stessi criteri – dice il commercialista Massimo Pacella che si è occupato di parecchi ricorsi, vincenti, avanzati di fronte alla Commissione Tributaria -. Il punto è che se su questo argomento non c’è la volontà politica di riparare in qualche modo non se ne esce. Ora è la volta dei bed & breakfast che si ritrovano richieste di pagamento non per le stanze che effettivamente utilizzano ma per tutta la metratura. È così che si vuole valorizzare la vocazione turistica di Tivoli?».
I numeri, chiaramente, sono sempre quelli che fanno discutere di più, così non è raro ritrovarsi di fronte a missive che contengono richieste di pagamento a diversi zeri: si passa da 7mila a 48mila euro. «Nella maggior parte dei casi sono aziende che lavorano nella nostra zona, che magari hanno già fatto ricorso per altre cartelle e che ora si trovano con lo stesso problema e devono pure ricominciare da capo, spendendo di nuovo soldi per istruire la pratica. In molto casi l’Andreani non ha neanche fatto opposizione al ricorso», continua Pacella. Insomma siamo di fronte ad una sorta di incubo che pare sia destinato a non finire mai. Ma come da tradizione del Bel Paese anche in questo caso al danno si unisce la beffa, basti pensare al fatto che per alcune attività la richiesta è quella di pagare per un servizio di cui non si usufruisce, anzi che si liquida in altra forma come succede ad esempio per lo smaltimento dei rifiuti speciali. Insomma si paga e si chiede di pagare pure qualcosa in più in cambio di niente. La morale della favola, per utilizzare un eufemismo, è di quelle semplici semplici: le aziende, già costrette a fare i salti mortali per restare in vita e continuare a dare lavoro ora si trovano anche alle prese con un nemico in più, il comune, che rischia seriamente di far saltare il banco.
Leave a Reply
You must be logged in to post a comment.