Tivoli, gli studenti: “Vogliamo imparare, ma senza essere in pericolo”

“Vogliamo imparare, ma senza essere in pericolo. Vogliamo maturare, ma senza far rischiare la vita a chi amiamo. Quindi, se la sola soluzione è la Dad, che sia la Dad”. Sono queste le parole dei ragazzi della quinta C del corso Scienze Umane dell’istituto superiore “Isabella D’este” di Tivoli, che hanno scritto una lettera-appello a margine del rientro in classe dopo la sospensione a causa della pandemia da covid-19, chiedendo di rivedere la decisione di ripartire con le lezioni in presenza. Una confessione, in cui raccontano il disagio di una generazione che vive le limitazioni della pandemia e la paura del contagio. Un mix di sentimenti fortissimi che trapela dalle parole scelte con cura da chi si affaccia alla vita adulta con la consapevolezza della perdita della normalità e dell’inizio, di fatto, di una fase nuova che durerà ancora per diverso tempo.

Hanno perso molto i nostri giovani: lo zaino da prendere la mattina presto, le attese fuori dai cancelli della scuola, il suono della campanella, la paura del compito in classe, la ricreazione e i pomeriggi di studio insieme. Hanno perso la loro collettività e il senso profondo e pieno di valore della condivisione. Loro lo sanno ma riflettono anche su quello che c’è fuori e scelgono di raccontare la loro storia di cambiamento in prima persona e allo stesso tempo chiedono di partecipare alle scelte che riguardano il loro futuro. “Tornare in sede ora è come mettere in mano a un folle una pistola carica: quello che potrebbe accadere è imprevedibile. Ognuno di noi, ogni singolo studente ha sogni e ambizioni e il diritto assoluto di raggiungerli. Nessuno può privarci del nostro diritto a sapere, a conoscere ed essere persone migliori. Purtroppo, se le condizioni non possono garantire la massima sicurezza, è giusto trovare soluzioni alternative e la soluzione è stata attaccarsi alla Dad come dei disperati, per non perdere mai nulla, per tornare a vedere i compagni, per confrontarsi con i professori”. Miriam, Giulia, Teresa, Rachele, Gaia e gli altri firmatari di questo manifesto di intenti raccontano non solo la storia di una generazione disorientata ma quella di un gruppo di giovani cittadini che chiedono di essere ascoltati, per fare in modo che una decisione così importante divenga in qualche modo e per quanto possibile un atto di coscienza collettiva.

 

La lettera completa dei ragazzi tiburtini

18 /01/21 si rientra a scuola… si ma come ?

“Cosa è cambiato dall’ultima volta che abbiamo varcato l’ingresso mesi fa ? Niente. A noi ragazzi è stato tolto tanto. Tanti ci dicono che questi sono gli anni più belli e che non dovremmo perderci nulla del nostro cammino. Quest’anno purtroppo non è stato possibile ma non ci siamo mai opposti a nulla. Abbiamo sempre accettato le decisioni del governo senza opporre resistenza… perché capivamo la situazione precaria ed era per noi un dovere cercare di ridurre al minimo i contagi. Ci hanno privato di tanto ma non ci è pesato. Vedevamo i medici in tv stremati e ci sentivamo in dovere di portare rispetto a tutte le persone che stavano lavorando per noi, che stavano soffrendo per noi, che rischiavano la vita per noi… E adesso? Vogliamo mandare all’aria tutto questo? Buttare via inutilmente tutti i sacrifici da parte di ognuno di noi? Per noi tornare a scuola sarebbe una boccata di aria fresca…

Nessuno vuole rimanere ancora in casa, tutti vorremmo tornare ad imparare sui banchi , tutti noi vorremmo tornare a parlare con il compagno di banco, a discutere faccia a faccia di una verifica…ma siamo certi che sia sicuro? I contagi sono in crescita, non a caso siamo attualmente in zona arancione. L’Italia è appesa ad un filo e adesso la priorità sono le ore di lezione svolte in presenza dopo mesi interi passati su delle piattaforme digitali? Arrivare ad aggrapparsi come dei naufraghi in balia della tempesta, non è giusto. Sentire gli occhi bruciare, seccarsi e vederli sempre più rossi, non è giusto. Sentire dolore alla testa, al collo, alla schiena, non è giusto. Purtroppo, tutti questi piccoli mali sono diventati per noi studenti un’ancora di salvezza, un porto sicuro.

La sola soluzione possibile per poter continuare a far valere due dei nostri più grandi diritti: quello alla salute e quello all’istruzione. Tutti noi sentiamo la mancanza della scuola: sembra quasi impossibile, eppure ci manca ogni singolo momento e frammento di quell’istituzione. Purtroppo, la drammatica situazione che stiamo vivendo non ci permette di vivere serenamente un possibile rientro. Tornare in sede ora è come mettere in mano a un folle una pistola carica: quello che potrebbe accadere è imprevedibile. Ognuno di noi, ogni singolo studente ha sogni e ambizioni e il diritto assoluto di raggiungerli. Nessuno può privarci del nostro diritto a sapere, a conoscere ed essere persone migliori. Purtroppo, se le condizioni non possono garantire la massima sicurezza, è giusto trovare soluzioni alternative e la soluzione è stata attaccarsi alla Dad come dei disperati, per non perdere mai nulla, per tornare a vedere i compagni, per confrontarsi con i professori. Qualunque scelta, qualunque compromesso presenta delle parti che possono non piacere, ogni scelta può non essere amata da tutti. Non ci sono le condizioni per tornare, ma questo non deve impedirci di imparare. Ci sono stati confronti, dibattiti e talvolta le stesse classi si sono spezzate.

Alla fine però, la soluzione è stata una: vogliamo tornare a scuola, ma in sicurezza. Vogliamo imparare, ma senza essere in pericolo. Vogliamo maturare, ma senza far rischiare la vita a chi amiamo. Quindi, se la sola soluzione è la Dad, che sia la Dad. Niente fermerà la nostra voglia di apprendere. Noi studenti crediamo e siamo certi di poter fare un ultimo sforzo per non mettere nessuna vita a repentaglio. Perché parliamo in questo caso di vita e di morte. Non è un gioco.

A questo vostro gioco nessuno di noi è pronto a partecipare”.