di Alessandra Paparelli
Come in molti in Italia, anche chi vi scrive ha vissuto e vive il lavoro in smartworking. L’emergenza sanitaria che abbiamo passato sulla nostra pelle e che in parte stiamo ancora vivendo, ha fatto emergere la consapevolezza che molti lavori e professioni da remoto sono davvero possibili, anche post emergenza Covid-19.
Fase 2 e Fase 3, ripartenza; tanti i dubbi, le domande, le incertezze ma anche le speranze; posso continuare a lavorare da casa nelle prossime settimane? Ho un figlio, ho figli piccoli, mi sarà concessa la modalità di lavoro agile anche questa estate? Lo smartworking o il lavoro “agile”, come è stato tradotto, è diventato la regola per milioni di italiani durante il lockdown. Quello che prima era uno strumento utilizzato solo dalle grandi aziende e imprese, nel giro di poche settimane è diventato la prassi di uffici, pubbliche amministrazioni e vari enti.
Lo smartworking aiutato e supportato dalla tecnologia e dalle piattaforme di videoconferenza come per esempio Zoom, Google Meet ma anche il buon vecchio Skype, ha permesso a molte attività come anche enti e perfino alla radiofonia, di proseguire le proprie attività. Inoltre, a moltissime lavoratrici e lavoratori di continuare le mansioni da casa a “costo zero”, senza l’incubo del traffico quotidiano, senza recarsi in ufficio in perenne lotta contro il tempo, riuscendo a limitare i danni di una situazione surreale, sospesa, senza precedenti. Una vicenda, la pandemia globale, che racconteremo ai nipoti, semmai li avremo. Sappiamo tutti molto bene che più che una scelta è stata una necessità forzata dettata dalla quarantena e dal lockdown. La casa è diventata il contenitore di tutta la nostra vita e la “flessibilità” ne è stata la parola d’ordine.
Stiamo praticando il distacco e ci chiediamo; si può lavorare tranquillamente da casa, anche per il prossimo futuro? Anche oltre la data stabilita del 31 luglio prossimo? Saremo capaci di grandi gesti, estensioni, lungimiranze? Alcune categorie, potranno essere liberi di scegliere il lavoro in agio, da casa evitando levatacce senza prima aver consultato il Meteo, arrembaggi verso autobus e metropolitane improbabili e pieni, attese spasmodiche, distanziamento sociale sui bus, mascherine, alunni, figli con entrate scaglionate, bambini da accompagnare e riprendere, scuole con plexiglass. E poi, la nostra vita in auto, il paesaggio, lo skyline, i monumenti, i negozi, i bar, la gente che ci vive intorno, la vediamo troppo spesso attraverso i vetri dell’automobile, perché è nell’auto che abbiamo stabilito e definito il nostro rapporto con la città. Insomma, molti di noi hanno davvero voglia di rimanere a casa, luogo sicuro e protetto da un mondo “aggressivo” che ora ci fa un po’ più paura?
Abbiamo fatto un giro di pareri e interviste tra colleghi, speaker radiofonici, per parlare proprio del settore e comparto radio-tv che vive un momento (così come lo spettacolo, la musica e l’arte) di difficoltà.
Andrea Pranovi, giornalista, caporedattore di Radio Roma Capitale, speaker professionista
Cosa ne pensi della modalità smartworking per molte categorie di lavoratori e lavoratrici? Si potrà applicare al comparto radio? E quale ruolo ha avuto proprio la radio durante il lockdown, e quale ora, in base alla tua esperienza?
Sono sempre stato scettico nei confronti dello smartworking, anche se si tratta di una forma di lavoro che ha sicuramente dei vantaggi, come ampiamente dimostrato nel corso della pandemia. Credo che lavorare da casa comporti la perdita delle relazioni sociali che si instaurano sul posto di lavoro e questo nel tempo potrebbe avere effetti negativi sui rapporti interpersonali. La radio è un mezzo di comunicazione che, a mio avviso, ha una componente di magia e penso che sia molto difficile ricostruire quella magia in un ambiente diverso dallo studio radiofonico. Ovviamente, se l’unica soluzione è trasmettere da casa allora ben venga lo smartworking. Ma se non è indispensabile credo che la trasmissione da studio sia qualitativamente migliore ed emotivamente più coinvolgente, sia per chi la produce sia per chi l’ascolta. L’habitat naturale di chi lavora in radio sono gli studi. Durante il lockdown la radio ha offerto svago e intrattenimento, ma non solo. Ancora una volta la radio ha mantenuto la sua grande funzione informativa. L’informazione radiofonica gode di grande autorevolezza e affidabilità e diversi studi hanno messo in risalto la fiducia degli ascoltatori nei confronti di questo mezzo. Di fronte alle innumerevoli bufale sul coronavirus circolate in rete la radio ha rappresentato ancora una volta una fonte seria. Adesso, come in qualsiasi settore produttivo, la ripresa potrebbe essere difficile, ma nel corso della sua lunga storia la radio è sempre sopravvissuta ai cambiamenti e sono sicuro che lo farà anche questa volta. Credo che già il ritorno alla libertà di circolazione e, quindi, agli spostamenti in macchina aiuterà la radio a tornare centrale nei consumi mediali di tutti coloro che la ascoltano mentre si trovano in automobile.
Elisabetta Laurini, speaker e conduttrice professionista a Radio Elettrica, emittente con sede a Roma
Hai tanti anni di carriera, speaker professionista nelle radio toscane e romane, come anche speaker nella storica Radio Rock; come hai vissuto la quarantena e cosa pensi dello smartworking? Ripartenza e Fase 3: come sei ripartita in radio?
Innanzitutto grazie Alessandra per avermi voluta come ospite nel tuo bellissimo spazio che gestisci per Dentro Magazine. Ho cominciato la mia avventura nel 1986 e non ho mai smesso di credere alla radio come mezzo di comunicazione per eccellenza. Un mezzo immediato che non ha perso il proprio fascino nel corso degli anni, anzi, per certi versi lo ha riacquistato con più forza. Siamo appena ripartiti con la programmazione ufficiale di Radio Elettrica e sono grata a questa emittente fatta di storici professionisti per avermi dato l’opportunità di esprimermi a 360°, senza censure e senza alcun tipo di condizionamento editoriale. La libertà non ha prezzo e lo penso ogni giorno che passa in modo più prepotente. La reclusione forzata ha avuto il pregio di farmi riflettere su tante sfumature della mia vita, ho tagliato qualche ramo secco, letto molto, ascoltato un’infinità di musica. Alla fine di tutto ho capito, se ancora ce ne fosse bisogno, che non potrei mai fare a meno della radio, della mia trasmissione “Dark Entries (e Uscite di Sicurezza)” e di tutte le persone che mi hanno seguita negli anni e sostenuta in ogni percorso lavorativo che abbia avviato e portato avanti con lo stesso entusiasmo della prima volta. Purtroppo ci siamo dovuti fermare per l’intero periodo di lockdown visto che non eravamo pronti a trasmettere da casa ma comunque sono convinta che lo smartworking possa essere solo un’alternativa o un complemento al lavoro abituale in sede perché la socialità, lo scambio interculturale con i colleghi e gli ospiti in studio sono un valore aggiunto, importante e imprescindibile. Certo, pensando più ampiamente, valutando gli effetti del traffico sulla salute dei cittadini, l’inquinamento e la difficoltà di raggiungere l’ufficio o la fabbrica o qualsivoglia altro tipo attività, in un futuro non troppo prossimo mi piacerebbe che ciascuno fosse libero di scegliere la tipologia più congeniale per sé stesso, sarebbe bellissimo potersi sentire liberi e appagati da questo punto di vista.
Il valore e ruolo della radio, secondo la tua esperienza, prima e ora nella fase di ripresa post Covid-19?
Un mezzo immediato che non ha perso il proprio fascino nel corso degli anni, anzi, per certi versi lo ha riacquistato con più forza. Il potere comunicativo è fatto di mille sfumature, la radio accompagna, sostiene, consola, informa un numero inimmaginabile di persone facendo servizio pubblico grazie anche alle piccole realtà che procedono solo grazie alla passione e all’amore di tanti addetti ai lavori pronti anche a sacrificare buona parte del proprio tempo libero. E’ vero, siamo talmente iperconnessi e super-informati, musicalmente e giornalisticamente parlando, che la radio di questi tempi potrebbe sembrare un surplus, un’astrazione romantica destinata ai nostalgici, un concetto datato e sorvolabile, ma il rapporto intimo e confidenziale che si instaura nel tempo tra conduttore e ascoltatore non è paragonabile a nessun altro: per questo sono sicura che non sarà mai possibile spegnere l’emozione della radio e di tutto il mondo che le gira intorno.
Durante la quarantena e in fase smartworking molti si sono divisi: c’è chi ha apprezzato, tirando fuori il meglio da loro stessi, sviluppando la creatività, anche per chi avorando già in coworking – è passato poi allo smartworking. E chi, invece, non ha apprezzato molto la modalità di lavoro da casa perché non stimolato e distante dall’ambiente lavorativo, dai colleghi. Lo stimolo della creatività è e sarà sempre un ingrediente irrinunciabile. Personalmente, non per la radio (difficile trasmettere da casa, anche se molti colleghi lo praticano, io preferisco lo studio, Ndr) ma per i giornali, ho reso la mia zona di casa confortevole per scrivere trasformando un prezioso corridoio “quadrato” attiguo alla camera nel mio ufficio perfetto (e tale resterà). In questo luogo silenzioso, la concentrazione, l’energia e la creatività hanno preso forma. Ho potuto scrivere, come faccio, per alcune testate e sulle piattaforme tecnologiche ho svolto di tutto: video-interviste, video-conference, corsi di approfondimento radiofonici e podcast, preparazione di cene con ricette da chef stellati, serie tv e grandi film classici sul divano, esercizi di yoga e step, sempre con la radio accesa di sottofondo. Ora, in lenta ripresa generale ma ancora anche smartworking (non mi dispiace).
Roberto Bagazzoli uno degli speaker più noti a livello nazionale, Radio Globo, Radio Reporter e Radio Sabbia
Si parla molto di Smartworking, come grande opportunità, praticato da vari enti, aziende e imprese. Molti vorrebbero continuare in modalità di “agio”, da casa, ben oltre il 31 luglio 2020: qual è il tuo pensiero, visto che tu radiofonicamente, pratichi già lo smartworking in onda su diverse emittenti? E’ possibile trasmettere in smartworking per tutte le radio, sia nazionali che regionali/locali, secondo la tua esperienza?
Genericamente il problema è culturale: lo smartworking è una grande opportunità oltre che di lavorare serenamente anche di potere riappropriarsi del tempo libero investito negli spostamenti per poter coltivare i propri hobbies, le passioni, i figli, la famiglia. Al netto del tempo di trasferta e dello stress con cui ci carichiamo per muoverci nel caos delle città tutto va a vantaggio del rendimento. Ci sono nazioni dove lo smartworking è una realtà rodata qui in Italia lo abbiamo fatto per forza. Io ho scelto lo smartworking a giugno del 2019, mi sono licenziato da Radio Sabbia di Riccione scegliendo di accettare la proposta di Radio Sound Piacenza e di lavorare quotidianamente in smartworking. Mi hanno fornito tutti i mezzi per poter essere in diretta con le informazioni dal territorio, dal traffico al Meteo in tempo reale fino agli eventi, arrivando al materiale utile per le interviste. La tecnologia da questo punto di vista è una grande alleata nonostante “i puristi” del mezzo non siano d’accordo con la mia tesi.
La radio ha avuto un ruolo fondamentale durante il lockdown: compagnia, intrattenimento per le persone a casa e anche sui territori (pensiamo alle Regioni maggiormente penalizzate e martoriate dal Coronavirus). Quale ruolo ha la radio oggi, secondo la tua esperienza e come può migliorare ancora il suo valore e ruolo durante la Fase 3? Intrattenimento, contenuti, territori? Nonostante la difficoltà che il comparto radio-tv sta vivendo, con la pubblicità mancante.
E’ stata una grande opportunità per le radio locali ancora strutturate di mostrare il loro valore. Io per uno strano scherzo del Covid 19, vivo a Pesaro una delle città martoriate dai contagi e dai decessi e sono stato in onda a Radio Sound Piacenza altra città devastata dal virus umanamente e fisicamente. Sono stato il primo ad annunciare la scoperta del Paziente Uno di Codogno, senza sapere che da lì a poco sarebbe accaduto quello che nessuno avrebbe mai immaginato. La Radio ha chiuso la sede, il personale di Piacenza è stato messo subito a lavorare da casa. La nostra stazione radio si è completamente trasformata, da una stazione di intrattenimento con un’alta percentuale di informazione locale è diventata prima una sirena d’allarme poi un punto di riferimento per tutte le informazioni utili per il territorio e per i residenti. Avevamo canali aperti con la Asl, il Comune, la Provincia, la Regione Emilia Romagna. Abbiamo seguito anche tutte le evoluzioni che hanno riguardato la Lombardia – regione confinante – e raggiunta nelle provincie di Lodi, Cremona e Monza Brianza dal nostro segnale; le informazioni erano in tempo reale, avevano la priorità sulla musica ed erano un flusso continuo dalle 6.00 del mattino alle 21.00. Siamo tornati alla nostra “normalità” soltanto da pochi giorni. Nella fase 3 continua il nostro lavoro quotidiano fatto di “contenuti”, io credo che la radio abbia bisogno di riappropriarsi di una credibilità smarrita fatta di computer che diffondono musica senza conduttori e comunque oggi un conduttore deve prepararsi a fare di più che un annuncio esteticamente perfetto, serve empatia e comunicazione che passa anche attraverso gli argomenti. Il Covid19 è stato anche il virus che ha messo in risalto la professionalità, la passione e direi l’amore di certi editori per il mezzo che hanno cominciato a rimettersi in pista per la raccolta pubblicitaria anche attraverso un approccio creativo a dispetto di chi aveva automatizzato anche l’aspetto commerciale.
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