di Alessandra Paparelli
Prosegue il nostro viaggio nello smartworking, applicato, nello specifico, alla radio. Il mondo magico per eccellenza, la parte “attiva” della nostra vita e professione. La radio, che durante la quarantena e nella fase di ripartenza ha sofferto e soffre, come altri comparti lavorativi, anche se si intravedono primi segnali di miglioramento dei fatturati e forse, siamo ottimisti andando a leggere il trend, un progressivo ritorno (auspicato, desiderato) alla normalità. Sappiamo bene quanto la pubblicità sia fondamentale per la sopravvivenza delle emittenti, grandi e piccole.
Ne parliamo con quattro colleghi, quattro addetti ai lavori: Vanni Maddalon una delle voci storiche dell’etere romano (speaker e conduttore per 14 anni a Radio Spazio Aperto, successivamente alcuni anni a Erre2, Radio Kaos Italy, Radio Città Aperta e due anni a Radio Italia Anni 60 Roma), Nicola Franceschini conduttore televisivo Telestense, giornalista e direttore del Sito e portale FM-Word, punto nevralgico e portale per le radio nazionali, locali/regionali e tutta la comunicazione; Claudia McDowell speaker e conduttrice radiofonica, molti anni a Radio Rock, Radio Popolare Roma, Radio Città Aperta e ora nella squadra di Radio Elettrica, cantante solista e frontwoman di band italiane e irlandesi e Maurizio Guccini speaker e conduttore a Radio Kaos Italy, Radio Everywhere e Radio Italia Anni 60 Roma, musicista/bassista.
Vanni Maddalon e il futuro della radio
Vanni Maddalon, speaker e conduttore, voce storica dell’etere romana dal 1996/97. Parliamo di smartworking: tante aziende chiedono il prolungamento del lavoro in agio da casa, oltre agosto 2020. Che cosa ne pensi, applicato alla radio? Durante la quarantena, molte emittenti hanno trasmesso proprio in modalità smartworking.
Lo smartworking ha cambiato in modo radicale le nostre abitudini, in ogni campo e in ogni settore. Sicuramente non è stata una cosa straordinaria ma necessaria, dovuta al lockdown e alle necessità contingenti. Lavorare a casa è stata una esigenza che ha reso possibile la sopravvivenza di tante attività. Certo, molte piccole attività sono ripartite con grande fatica, alcune non hanno riaperto, altre hanno ripreso pian piano. Nel mondo radiofonico lo smartworking ha stravolto tutto; i grandi network stanno reggendo meglio la crisi mentre le radio locali/regionali sono andate in sofferenza per il crollo pubblicitario. In piena emergenza Covid le radio hanno potenziato l’informazione, raccolto fondi, svolto un ruolo sociale importante ma gli aiuti dal Governo sono in ritardo e due radio su tre chiedono fondi e sostegni, il calo della pubblicità è drammatico con il conseguente taglio dei collaboratori in tutta Italia o la cassa integrazione. Programmi che si reggevano con le ospitate di personaggi noti e popolari, hanno avuto uno stop, riconvertendo le trasmissioni da casa, per chi ha potuto. Ovviamente la presenza degli ospiti stessi in studio è molto diversa, rispetto alla telefonica. A mio avviso, non tutti i programmi possono andare in modalità smartworking.
Se un editore ti desse la possibilità, attrezzando uno studio radiofonico casalingo, trasmetteresti da casa? La tua “radio notte” si potrebbe trasmettere?
Come accennavo prima, secondo la mia esperienza, non tutti i programmi radiofonici si possono fare da casa: per esempio la “mia” radio notte sì, essendo un format notturno – che ricorda molto da vicino il famoso film di Oliver Stone “Talk Radio -Voci nella notte”, al quale dal 1998 mi ero ispirato creando la trasmissione a Radio Spazio Aperto. Avevo a che fare con il mondo della notte e l’ascolto notturno è completamente diverso da quello diurno, quindi da quel punto di vista accetterei. In più, il programma era condito da tanta musica, sia mia personale che richieste degli ascoltatori e poi c’erano le dirette, dove entrava davvero di tutto. Mentre, parlando di calcio e sport in generale, il format che ho condotto per quasi 20 anni “Studio/Stadio”, non potrebbe essere trasmesso da casa, a mio avviso. Non c’erano ieri e non ci sarebbero oggi le condizioni. Vorrei aggiungere che non tutti possono permettersi uno studio da casa: normalmente (salvo eccezioni) questo appartiene ai grandi network nazionali e ai direttori artistici. E poi c’è l’aspetto emozionale: la radio è magia, e la magia della radio appartiene allo studio, alla struttura, con un fonico-regista che ti cura, ti segue. La radio è un’atmosfera particolare data dalla presenza in studio, dall’ambiente stesso.
Quale ruolo ha svolto, quale ancora svolgerà la radio e come deve ripartire? Intrattenimento e leggerezza, funzione di servizio e contenuti, territori, compagnia?
Nei territori martoriati dal Coronavirus, pensiamo alla Lombardia, al Piemonte e al Veneto ma anche l’Emilia Romagna, la radio ha svolto una vera funzione sia di servizio e utilità che di compagnia e intrattenimento. Per esempio – anche se il paragone è eccessivo – durante la seconda guerra mondiale, la radio ha avuto una funzione fondamentale di servizio e utilità. Le trasmissioni radio non sono state inventate durante la guerra ma la loro grande utilità sui campi di battaglia (pensiamo ai collegamenti tra il fronte e le retrovie) ne ha accelerato lo sviluppo, affermandosi per esempio a un uso civile nel dopoguerra. Penso a Radio Londra, con le trasmissioni dal 1938. La radio era un importante aiuto per le truppe al fronte, per esempio. Durante la seconda guerra mondiale, come nella prima, la radio ha avuto un ruolo fondamentale nell’informare i cittadini sulla situazione nel loro Paese e nel Mondo. E qui è la stessa cosa, anche se il paragone che faccio è forte: nelle zone martoriate dal virus con centinaia di morti al giorno, non si sarebbe potuto fare solo musica e leggerezza, non sarebbe stato giusto, era doverosa l’informazione. Mi rendo però conto, ora che la situazione sta migliorando e stiamo tornando a una sorta di “normalità”, che la gente ha bisogno anche della “sana leggerezza”, e quindi di equilibrio: una sana commistione tra informazione, musica e intrattenimento, divertimento.
La radio, deve tornare a essere un lavoro vero? Cosa ti auguri in proposito?
Mi auguro che le cose possano cambiare in meglio e di tornare tutti a lavorare in radio, retribuiti. La radiofonia da 20 anni a questa parte è diventata una sorta di “mercimonio”, sfruttando e ribaltando tutto, con fasce a pagamento, avendo poi un tracollo che ora inevitabilmente paga. Uno speaker, un giornalista radiofonico non deve pagare per fare la sua professione, il suo lavoro. Credo che sarà un procedimento lungo ma mi auguro che si possa tornare come allora ma anche a un futuro migliore. Resta questa magia inalterata della radio ma devono cambiare alcune situazioni: la pandemia globale deve aver insegnato qualcosa a tutti noi: il dare riconoscenza a chi si impegna tante ore al giorno per offrire interviste, approfondimenti, contenuti e intrattenimento. La radio non è solo il lancio di un brano, è un lavoro duro e faticoso e la meritocrazia deve ritornare. Concludo dicendo che dopo decenni di radio, l’emozione che si prova quando la luce “on air” si accende o il fonico-regista dà il segnale è impagabile.
Nicola Franceschini e il ruolo della radio nella fase 3
Nicola Franceschini, giornalista e direttore del Sito e portale FM-World: è possibile, secondo la tua esperienza, fare radio in modalità smartworking? Che cosa pensi della possibilità di continuare a lavorare “in agio”?
Il periodo del lockdown ha dimostrato che è possibile fare radio da qualsiasi location, senza che l’ascoltatore avverta tecnicamente la differenza. Se la tecnologia, tuttavia, oggi annulla qualsiasi distanza (con qualità audio al pari di quelle da studio), quanto condiziona l’ambiente che ci circonda quando si trasmette in radio? E’ questo, a mio avviso, l’aspetto che andrebbe analizzato meglio. Lo studio radiofonico, la vicinanza dei colleghi, l’ambiente collettivo che si respira all’interno di un’emittente cambia il modo di porsi dello speaker? Teoricamente un professionista non dovrebbe farsi condizionare, ma è umanamente comprensibile che una battuta con un collega prima di andare in onda o un qualsiasi altro elemento che potrebbe diventare parte di un contenuto radiofonico, se vissuto nella collettività, viene a mancare in una situazione casalinga, più distaccata. Per cui, ben venga la possibilità di trasmettere da qualsiasi location, ma lo studio resta lo studio.
Parliamo del ruolo della radio, sia durante il lockdown sia nella partenza, Fase 3.
La radio ha avuto un grosso ruolo in tutte le fasi dell’emergenza Covid. Innanzitutto informando in maniera corretta e meno “ansiogena” rispetto ad altri media. Ma anche intrattenendo e distraendo l’ascoltatore con contenuti più leggeri e frivoli che hanno permesso di superare meglio il difficile periodo del lockdown. La Fase3 sta dimostrando nuovamente una forte vicinanza alla gente. Vicinanza che in alcuni casi è già diventata una situazione fisica prossima all’ascoltatore. Le radio del gruppo Sphera Holding in Triveneto, per esempio, stanno trasmettendo ogni weekend da una delle località maggiormente colpite dal Covid. Si evitano situazioni di assembramento, ma lo studio mobile c’è e soprattutto ci sono i conduttori che vivono e comunicano l’ambiente che li circonda. Quest’anno, per ovvi motivi, salteranno molti eventi ma la radio mantiene quel ruolo che la rende unica, a cavallo tra l’informazione e l’intrattenimento. E poi, come noto, ogni emittente ha una propria personalità ed è giusto che la mantenga, per essere fedele a ciò per cui l’ascoltatore la sceglie. Diciamolo pure: al netto della crisi economica che sta riguardando un po’ tutti (e quindi anche il settore pubblicitario), la radio ha dimostrato ancora una volta di essere un mezzo utile, importante e sempre al passo con i tempi
Claudia McDowell: radio e musica
Claudia McDowell, conduttrice radiofonica dal 1992 in varie emittenti romane, dal 2018 a Radio Elettrica; cantante solista e frontwoman. Parliamo del valore della “cultura”, coltivare ciò che amiamo, un termine che con l’emergenza Covid è stato “riscoperto”, soprattutto con la difficoltà del settore (musica e spettacolo), parliamo anche di radio, del suo ruolo e dello smartworking, applicato alla radiofonia: una tua riflessione su questi temi, caldissimi.
Abbiamo bisogno della possibilità di sperimentare esistenze diverse anche attraverso altri corpi e voci, attraverso le note e le parole di una canzone possiamo attingere alle nostre emozioni e sentirci più completi. La cultura è una componente fondamentale dell’essere umano che troppo spesso in Italia è considerata effimera, non abbastanza degna di attenzione e investimenti. Penso, per esempio, al ruolo significativo della radio di cui mi sono innamorata nel 1992, alla forza del suo messaggio che ha come destinatari non ascoltatori passivi ma attivi e nello stesso momento non è una presenza invasiva: è una compagna di vita che entra in punta di piedi nelle nostre giornate, arricchendole. Credo che un Paese moderno, che abbia a cuore il cibo per l’anima dei suoi abitanti, debba fare uno sforzo in più nei confronti della Cultura.
Si parla moltissimo di smartworking e la possibilità di applicarlo anche alla radio, come è successo per alcune emittenti in fase di quarantena: cosa ne pensi, in base alla tua esperienza, si può trasmettere da casa?
Si può trasmettere da casa, sempre che si abbia la possibilità di attrezzarsi dal punto di vista tecnico. Durante la quarantena, per esempio, noi di Radio Elettrica abbiamo proposto tramite una app per teleconferenze una serie di appuntamenti a più voci (e volti) durante i quali abbiamo sviscerato svariati argomenti di discussione, dall’economia alle uscite discografiche e letterarie. È stata una bella esperienza, anche ben accolta, ma non posso negare che il desiderio di tornare in diretta in studio non si è spento neanche per un attimo. Certo, con le nuove tecnologie tutto è possibile, anche fare radio da casa, ma l’aria che si respira nella sala della diretta (o anche solo l’atto di recarsi negli studi) è una componente insostituibile. Così come lo è il “passaggio di consegne” tra colleghi, la possibilità di interagire a microfoni aperti per salutarsi al momento del cambio, di dirsi due parole e dare una continuità che ci ricordi che siamo un organico, un team. Ancora più stimolante ed altrettanto insostituibile avere degli ospiti in studio, possibilità alla quale abbiamo momentaneamente rinunciato per questioni di sicurezza. È vero che un ospite lo si può raggiungere telefonicamente, ed è ciò che stiamo facendo, ma averlo di fronte fisicamente, potersi capire con uno sguardo ed interagire per dare una maggiore spontaneità e fluidità al suo intervento, è senza dubbio tutt’altra cosa.
Facciamo un flash sulla musica, sei cantante sia solista che in varie band, italiane e irlandesi: il prezzo da pagare, ancora una volta, potrebbe essere più alto per gli indipendenti/emergenti.
La mia impressione, finita l’emergenza Covid e nella Fase 3 di ripartenza, è quella che rimarranno a galla esclusivamente i nomi importanti e con essi solo i lavoratori che fanno parte del loro entourage; mentre chi è ancora in fase di gavetta o nel circuito indipendente, farà sempre più fatica a riprendere il giusto ritmo lavorativo, avrà difficoltà a trovare locali in cui esibirsi perché alcuni non riusciranno neanche a riaprire.
Maurizio Guccini: radio e territorio
Maurizio Guccini, speaker e conduttore: cosa ne pensi dello smartworking e della possibilità di applicarlo anche alla radiofonia? Durante il lockdown, molti colleghi speaker hanno trasmesso da casa, alcuni in pausa come la sottoscritta, tu sei rimasto in onda a Radio Italia Anni 60 Roma.
Per la radio non è stato semplice, pochi hanno avuto il privilegio di poter condurre da casa, sia per la strumentazione, sia per le conoscenze che bisogna avere. Io avrei comunque preferito recarmi in studio, anche perché il binomio speaker/fonico è fondamentale e da casa non sarebbe stato possibile.
Come hai vissuto la quarantena? Sei stato in onda, facendo compagnia e regalando intrattenimento ed emozioni. Qual è il ricordo più intenso di quei giorni radiofonici?
Appena scattato il lockdown, tutte le radio si sono poste l’interrogativo, a seconda della sensibilità e sicurezza di ognuno, se fosse stato il caso di andare in onda o meno, dato che il decreto lo avrebbe permesso. E’ successo anche a Radio Italia Anni 60 Roma. Molti, legittimamente, hanno pensato fosse importante stare a casa. Con tutte le prevenzioni e le difese anti-Covid previste, personalmente ho deciso di trasmettere. Innanzitutto perché in un momento così tragico ho ritenuto potesse essere uno strumento per veicolare emozioni, come solo la musica sa fare, e tranquillità, quasi una piccola oasi di normalità in uno scenario impensabile. E poi perché quei giorni saranno ricordati e raccontati in futuro. Ho quindi voluto vivere in prima persona e con i miei occhi una situazione che a molti è stato possibile vedere solo attraverso i telegiornali e internet. Le strade principali, il Lungotevere, i vicoli, tutto deserto, in un silenzio surreale che lasciava pensare molto. In radio eravamo solamente io e il fonico, Gabriel Morgia. Quando uscivamo, ci veniva da parlare sottovoce, come se fosse vietato anche quello. C’è stato anche un episodio molto simpatico, in una delle innumerevoli volte che sono stato fermato per l’autocertificazione, alcuni vigili della Polizia Locale di Roma Capitale hanno riconosciuto la mia voce!
Che ruolo ha avuto la radio e quale sarà il suo ruolo, considerando il momento delicato della ripartenza, prima la Fase 2 e ora Fase 3?
La radio ha vissuto momenti di gloria e cadute rovinose, eppure è sempre stata al centro della società, ormai da quasi un secolo. Le moderne tecnologie e internet le hanno assestato qualche pugno nello stomaco ma rimane sempre uno strumento che per natura in alcune situazioni, quali ad esempio mentre si è alla guida o si sta riposando, è insostituibile. La velocità con cui le notizie ormai vengono divulgate sul web o trasmesse in streaming video la porranno sempre più in ritardo sul fronte della comunicazione, ma su quello artistico e musicale rimarrà sempre in prima linea.
Cosa ne pensi della speciale iniziativa congiunta delle radio nazionali I LOVE MY RADIO, festeggiando 45 anni di radiofonia con un contest? Ricordiamo che si tratta di una compilation virtuale votando il proprio brano preferito, tra i selezionati:
Quando varie realtà che sono in competizione lavorano ad un’iniziativa che unisce il comparto, è sempre lodevole. Fondamentalmente spero che aiuti tante persone a scoprire il grande patrimonio musicale del passato che abbiamo. Conoscendo quello, si capisce e si gusta meglio il presente.
Siamo nella Fase 3, la ripartenza: quale ruolo deve avere la radio? Si riparte dai contenuti, dai territori, da un sano equilibrio intrattenimento-approfondimento?
Parlando di contenuti, le radio sono state in prima fila durante la pandemia. Mi viene da pensare a Radio Everywhere, la web-radio di giovani che ha sede nel Comune di Fonte Nuova, alle porte di Roma, che ogni ora ha trasmesso gli aggiornamenti legati al Covid-19 sul territorio e le indicazioni delle autorità. Ogni radio ha però la sua impostazione, il suo pubblico e il suo modo di comunicare. Ci sono quelle più di approfondimento e quelle più musicali. Sotto questo punto di vista non credo cambierà molto, soprattutto per le esigenze degli ascoltatori. Sono convinto che si possano dare contenuti anche in una programmazione che prevede maggior flusso musicale, così come può accadere il contrario: a volte si ascoltano trasmissioni in cui si parla tantissimo, ma non si comunica nulla. Sta tutto agli speaker, all’intuizione sul momento e sui tempi, a quanto si ha da raccontare. Volevo anche aggiungere una piccola parentesi: per l’amore verso la diretta, una volta andai in onda con 39 di febbre. Fosse accaduto oggi – durante l’emergenza Coronavirus – mi avrebbero portato allo Spallanzani e avrebbero fatto il tampone a tutti i presenti!
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