di Alessandra Paparelli
Gli attacchi turpi a Silvia Romano, la 24enne rapita in Kenya nel 2018 e oggi rilasciata, in sicurezza a Mogadiscio, che domenica è rientrata a Ciampino nella Capitale e che lavora nella cooperazione con la onlus Africa Milele, dimostrano quanto siamo diventate persone orribili, schizofrenici, frustrati, maligni, superficiali, sciocchi. Neanche una pandemia globale riesce a far emergere il lato migliore. Non tutti, certo, ma molti. Silvia era in un paesino in cui da anni non accadeva niente. A Chakama non c’è nemmeno l’elettricità, erano appena stati e avevano sostato altri volontari e nuovi ne sarebbero arrivati. Perché, a colpo sicuro, siano andati a prelevare Silvia nella casa in cui era, da sola, non si sa. Qualcuno sapeva che fosse sola? Abbiamo letto tanto e di tutto sui giornali, sui social non ne parliamo.
Il tribunale di Facebook si è scatenato. Perché si odia tanto la volontaria Silvia Romano? Cosa si odia in lei, precisamente, che non abbiamo coraggio di fare noi? Forse si odia in Silvia il desiderio di mettersi a disposizione, di fare e realizzare per gli altri, di avere qualche progettualità, un progetto preciso, di avere entusiasmo, coraggio, voglia di mettersi in gioco? Non sono le stesse cose che lamentiamo sempre manchino ai giovani, ai nostri figli? Ci lamentiamo (sempre sui social, lo sport preferito) che i nostri figli sono privi di “valori”, siano troppo pigri, maleducati, senza progetti e prospettive, che non abbiano voglia di studiare e costruire un futuro. Ci lamentiamo che non abbiano obiettivi, che non siano educati e seri, che siano quasi tutti dei “stravaccati da divano”, sfaticati senza futuro, progettualità, fantasia, ardore, grinta e tenacia. Invece ci sono ragazzi che fanno, si mettono in gioco, dedicano la propria vita agli altri, alla cura del prossimo, si mettono a disposizione appunto. Chi fa rischia e chi fa a volte sbaglia.
Ma gli sventurati da tastiera, i falliti di generazioni perse che passano la vita a detestare il prossimo dentro quattro mura di infelicità, insultano questa ragazza anche nel giorno della sua liberazione e arrivano ancora a sperare che muoia o venga stuprata, augurandole dolore e distruzione. Insulti provenienti, badate bene, da chi è già morto in vita, in una vita vuota senza coraggio e prospettive, senza cultura e spessore, senza leggere un giornale, un libro, morti che camminano in una vita banale, inutile, vuota. E, in questo caso, anche cattiva.
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