Home Cronaca La storia di Taulant, dalla guerra alla speranza nei dieci anni a Fonte Nuova: “Sogno in italiano ma per la burocrazia sono ancora albanese”

La storia di Taulant, dalla guerra alla speranza nei dieci anni a Fonte Nuova: “Sogno in italiano ma per la burocrazia sono ancora albanese”

La storia di Taulant, dalla guerra alla speranza nei dieci anni a Fonte Nuova: “Sogno in italiano ma per la burocrazia sono ancora albanese”

di Vincenzo Perrone

Da 15 anni in Italia e ora, dopo un lungo percorso burocratico, dovrebbe riuscire a ottenere la cittadinanza italiana. E’ questa la storia di Taulant Digli, 24enne, il padre arrivato su un barcone in Italia, una famiglia via dalla guerra. Da quel momento dieci anni a Tor Lupara, per poi spostarsi a Monterotondo e dallo scorso ottobre abita a Roma nella zona Balduina. E’ nel lungo periodo a Fonte Nuova che fa i conti con l’integrazione, coltivando una bella esperienza di partecipazione politica e scontrandosi con le difficoltà della vita di ogni giorno.

Il periodo albanese – “Sono nato nel 1992 nella città di Shkoder nel nord dell’Albania – inizia il racconto del giovane – e i primi anni della mia vita sono stati felici e agiati economicamente. Mio padre lavorava come commerciante e spesso si recava in Serbia”. La situazione per Taulant, come per molti suoi connazionali, precipitò con la guerra civile nel periodo tra il 1997 e il 1999. Il Paese era uscito da pochi anni dal regime comunista, la povertà era dilagante, l’accesso alle armi troppo facile e il presidente dell’epoca Sali Berisha non riuscì a tenere sotto controllo la situazione. “Era pericoloso anche uscire di casa – ricorda Taulant – o semplicemente affacciarsi dalla finestra perché si rischiava di essere colpiti da un proiettile. Fu l’occasione per sistemare i conti tra le varie bande del Paese”. Dopo questi due anni molto difficili la situazione si aggravò ulteriormente perché nel 1999 scoppiò la guerra in Kosovo e il padre di Taulant perse il lavoro per via della chiusura delle frontiere. “In quel periodo lavorava soltanto mia madre come insegnante part-time ma il suo stipendio non era sufficiente”. La difficile situazione economica portò il padre di Taulant a salire su un barcone con altri connazionali alla volta dell’Italia e più precisamente a Tor Lupara dove viveva suo fratello. Nel 2001 Taulant, insieme alla madre e alle sorelle, raggiunse in traghetto il padre che, nel frattempo, aveva trovato lavorato nell’edilizia.

Gli anni italiani e la passione politica – “Arrivato in Italia conoscevo già la lingua perché in Albania la parlano in molti e non fu difficile integrarmi – spiega Taulant – Ho frequentato le scuole elementari e medie dalle suore di San Giuseppe a Tor Lupara e le superiori al liceo scientifico Peano di Monterotondo. Adesso lavoro come cameriere e studio relazioni internazionali all’università”. Durante gli anni delle superiori il giovane albanese conosce Sugara Seneviratne, originario dello Sri Lanka e militante del Partito democratico di Fonte Nuova, che lo avvicina al gruppo dei giovani democratici fontenovesi. “Tramite Sugara mi sono avvicinato alla politica e ho conosciuto i giovani del Pd come Federico Del Baglivo, Francesco Mongiu, Eleonora Panzardi e Giacomo Marchese. A parte la militanza politica con loro si è creato un rapporto di amicizia che dura ancora oggi”. Nonostante il carattere socievole anche Taulant si è dovuto scontrare con i pregiudizi. “Ricordo che andai a lasciare il curriculum in un negozio di abbigliamento e il proprietario, appena letto che ero albanese, disse che preferiva assumere italiani. In un’altra circostanza un collega di lavoro mi vide con in mano un tablet e mi disse che gli italiani non potevano permettersi questa tecnologia mentre gli stranieri sì. Quando gli feci notare che avevo comprato il tablet con i soldi guadagnati lavorando mi accusò di rubare il lavoro agli italiani”.

Le difficoltà burocratiche – “Per ottenere la cittadinanza italiana – sostiene il ragazzo – devo presentare tre Cud consecutivi con cui dichiaro di guadagnare circa 800 euro mensili, poi non importa se corrisponde al vero oppure no. Un altro metodo è se uno dei due genitori è cittadino italiano. Questo è ciò che prevede la legge Bossi-Fini”. Vincoli burocratici che dopo 16 anni è riuscita a superare soltanto la madre di Taulant che da circa due settimane è cittadina italiana. Sedici anni fatti di file e attese estenuanti anche di 5-6 ore all’ufficio immigrazione per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno. “Il permesso di soggiorno va rinnovato ogni due anni e ha un costo di 250 euro. Il mio scade a dicembre di quest’anno ma spero, prima di quella data, di riuscire ad ottenere la cittadinanza tramite mia madre”. Sono diversi i limiti che la mancanza della cittadinanza italiana impone: Taulant e la sua famiglia non possono votare o partecipare a concorsi in enti pubblici. “Penso e sogno in italiano e mi sento a tutti gli effetti un cittadino di questo Paese, ma per la burocrazia sono ancora extracomunitario. Il mio auspicio è di un superamento della legge Bossi-Fini che ha creato situazioni come la mia”.

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