Home Cronaca I designer progettano la vita post covid. Musica al cubo e non solo, parla Andrea Lai

I designer progettano la vita post covid. Musica al cubo e non solo, parla Andrea Lai

I designer progettano la vita  post covid. Musica al cubo e non solo, parla Andrea Lai

di Alessandra Paparelli

Parliamo di futuro post-Covid disegnato dai progettisti italiani: 50 progettisti riuniti insieme, hanno tracciato le linee concrete della quotidianità in convivenza con il virus, sicurezza e socialità e lo hanno fatto con una lunga kermesse di fine maggio. La COVIDesignJam si è svolta dal 22 al 24 maggio scorso tra cinque aree tematiche, venti mentori, dieci ispiratori, cinquanta esperti e non solo. Ne parliamo qui con Andrea Lai. Un incontro online quello del week end finale di maggio, tra professionisti di diversi settori, filosofi, sportivi e designer, riuniti in una maratona, una kermesse lunga un week-end intero per immaginare soluzioni positive, condividere idee e progettare nuovi orizzonti e percorsi, visto il momento delicato e cruciale tra emergenza sanitaria e Fase 2. CovidesignJam è stato un evento gratuito co-prodotto da Digital Entity, Design Studio di NTT DATA Italia e NOIS3.

Abbiamo intervistato Andrea Lai e parliamo di CovidesignJam l’evento gratuito che ha unito virtualmente artisti, sportivi, filosofi, professionisti di diversi settori con i designer per ripensare la vita e la socialità, causa emergenza Covid-19. Come nasce l’idea e la progettualità? Come ripensare gli spazi e i luoghi di cultura? Come ripensate lo smartworking?

Il progetto nasce da lontano e da molto vicino. Lontano nel tempo, perché è una modalità di progettazione e per approcciare i problemi che è ben rodata ed esiste da alcuni anni. La prima fatta a Roma risale al marzo 2011. Però questa particolare nasce da molto vicino: dinanzi allo scorgere di un periodo di tempo in cui dovremmo convivere con le ignote modalità dettate da un virus di cui sappiamo altrettanto poco e abbiamo una grande possibilità. Come reinventiamo le nostre routine per non metterci a rischio e al contempo per tornare ad essere felici? All’aperto, nella bellezza, guardando un concerto, ascoltando musica. Abbiamo proprio pensato “possibile che l’unico modo che abbiamo di immaginare il nostro essere sociali è quello che abbiamo sempre fatto?”


Recentemente il MEI-Meeting delle Etichette Indipendenti ha proposto la “Musica d’asporto”, far arrivare band e gruppi per piccoli live negli spazi abitativi e condominiali, magari facendo rete anche con pizzerie e ristoranti di zona, appropriandosi di piccoli spazi per fare musica e non far morire lavoratori e artisti. Cosa ne pensi?


La musica è l’arte immateriale, non si vede, non si sposta. Difficile che possa essere da asporto. Suonare nelle case, nelle pizzerie e nei condomini può dare la stessa esperienza che andare ad un concerto? E’ necessario ripensare i concerti e approfittare di questa difficoltà per trovare spunti innovativi. Il concerto è un format del secolo scorso, siamo sicuri che la tecnologia, la creatività e l’arte non siano in grado di creare altri modi di condividere l’ascolto della musica? Andremo ai concerti per altri mille anni, ma possiamo progettare altre esperienze nel frattempo. Ci aspettiamo un grande sorpresa di creatività dal mondo musicale, che vive di idee e appunto tanta creatività, magari anche aggiornando il rapporto con la tecnologia che ha sempre fornito strumenti di ispirazione per la musica.

Progetto di musica live, esperienza di concetto “al cubo”: vogliamo spiegare bene di cosa si tratta?

Durante la CovidesignJam i partecipanti hanno provato ad immaginare un modo per avere la stessa emozione e condivisione di un concerto, ma cambiando alcuni parametri. Siamo abituati a vivere i concerti stando di fronte al palco e ascoltando la musica che dal palco viaggia verso di noi, il pubblico. L’idea è di colmare lo spazio, la distanza che le persone devono rispettare a causa delle normative Covid-19 riempendolo con il suono. Il pubblico è immerso nel suono che arriva da più direzioni e – come si faceva durante i falò sulla spiaggia negli anni passati – ascolta il concerto distribuito in piccoli gruppi. 

Ripensare lo spazio e l’esperienza.

L’idea di concerto è quella di ripensare lo spazio e l’esperienza. Non più tutti vicini, ma comunque tutti insieme nello stesso posto a condividere la stessa musica e la stessa esperienza. Tutti assieme in piccoli gruppi di amici o congiunti (qualsiasi cosa significhi) in un’area ben definita dove poter ascoltare la musica. Distanti, ma uniti. Dall’acquisto del biglietto, al drink al bar, all’uso del bagno, tutto è gestito e prenotato via app in modo che i gruppi non si debbano spostare dalla loro area. Sarà sempre l’app a guidare il pubblico alla propria area attraverso sentieri, in realtà aumentata, e sarà l’app a guidare il pubblico fuori a turno a fine concerto. Ma il concerto sarà reale, vero e aumentato grazie a contenuti extra on line e on site.

Spazi, luoghi e borghi da ripopolare, nella delicata Fase 2: turismo sostenibile, spazi condivisi, fare rete, investire green.  Dove si può arrivare?

Improvvisamente, il lockdown ci ha mostrato che molti di noi potevano tranquillamente lavorare da casa. Wow! E allora la domanda che viene subito dopo è: ma davvero lavorare da casa equivale a stare 9 ore in call? La risposta è chiaramente no. E quindi, se si può lavorare da dove si voglia, purché si abbia una connessione (ovviamente per certe professioni), dov’è il senso di imbottigliarsi nel traffico ogni giorno, chiudersi in un angusto ufficio e precipitarsi a fare vacanza solo le due settimane più affollate dell’anno? Il passo è breve: il turismo così inteso è predatorio e poco soddisfacente per i viaggiatori, insostenibile per le comunità locali e anche vagamente inutile. Eppure abbiamo il problema dei borghi che si spopolano. Ma un momento…Molti possono lavorare da dove vogliono, giusto? E allora che siano i borghi…! Con le infrastrutture tecnologiche adatte diventano accoglienti per le persone. Le infrastrutture green poi le abbiamo sempre pensate come nuove infrastrutture. Perché? Non è possibile riqualificare quello che c’è? O condividere gli spazi? O farlo insieme, facendo rete? Si può arrivare, in breve, a ripensare completamente un modo di vivere che qualcuno in questo ambito definiva “produci, consuma, crepa”, per perseguire un po’ di felicità, un po’ di prossimità felice. Quella che abbiamo riscoperto potendo riuscire di casa dopo aver passato due mesi in quarantena, avete presente? Quella, su base quotidiana. Si può fare, l’abbiamo saputo fare. Basta organizzarsi, volerlo e progettarlo.

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