di Gea Petrini
Spunta la parola “traditori”, nel Pd la resa dei conti post sconfitta è già iniziata. Il centrosinistra con Emanuele Di silvio perde a Guidonia Montecelio per 600 voti, e delle analisi a quanto sembra non c’è bisogno, volano accuse da una parte all’altra. Se due esponenti dell’area De Vincenzi hanno già chiesto la testa del segretario provinciale Rocco Maugliani, è dai vertici che arriva il segnale opposto, il senatore Bruno Astorre punta il dito su chi nel Pd locale si è tirato indietro. Questo è il lunedì, ma l’andamento delle elezioni nella terza città del Lazio è stato una corsa ostacoli per il centrosinistra, non senza quel tipico tocco di autolesionismo.
Tre gli aspetti critici della corsa del 34enne Emanuele Di Silvio, alcuni esplosi dopo il primo turno. Partendo dai più recenti, intanto la partita degli apparentamenti, Di Silvio non ne ha chiuso nessuno ma ne ha tentati diversi, giocando male soprattutto con il polo di Aldo Cerroni dove in prima battuta ha provato a spaccare il fronte civico cercando di trainare con sé solo le due liste minori, quella dei sassaniani e degli ex piddì. Anche se il tiro poi è stato aggiustato sul finire, sabato, con proposte complessive di accordi politici, dalle parti dell’avvocato i muri erano diventati invalicabili, altro che fulmini e saette. Guerra. Male, si parla degli effetti, anche con la lista di Giorgio La Bianca, al quale ha rifiutato l’intesa: l’architetto ha dato poi il via alla famosa querelle su Adriano Mazza, che è stato appunto il secondo nervo scoperto del democrat al ballottaggio. La presenza del futuro suocero di Di Silvio alle iniziative pubbliche e ad alcune riunioni sugli apparentamenti, pur se come si dice da testimone muto, ha danneggiato la sua elezione. Fibrillazioni c’erano state già con la candidatura di Silvia Mazza, figlia dell’ex assessore, ex consigliere di maggioranza, compagna nella vita del candidato sindaco, poi uscita prima (ma ora non eletta) con Alternativa Popolare. La maretta si era calmata, a scuotere gli animi invece e l’opinione pubblica, non è stato certo il legame famigliare tra Di Silvio e Adriano Mazza come molti suoi sostenitori hanno detto in tanti post sui social, ma il ruolo svolto da Mazza in sette anni di governo Rubeis. Assessore alle Finanze, paladino di Forza Italia, cuore dell’amministrazione di centrodestra. Quella del buco da 43 milioni di euro, per non citare il resto. Un colpo all’immagine del giovane Di Silvio, uno dal volto spendibile, capace di stare tra la gente: un segnale da cortocircuito.
E si arriva alla terza molla della sconfitta, la più profonda: le divisioni nel Pd. Con le primarie se ne sono viste di tutti i colori, fino all’ultimo minuto in casa democrat non era nemmeno certa la candidatura di Simone Guglielmo, tanto gli animi erano inaspriti e la spaccatura insanabile. Quando la presenza in lista è stata confermata in coppia con Paola De Dominicis (che fa riferimento a Domenico De Vincenzi), il gruppo che globalmente viene definito vincenziano ha dato il via a una campagna elettorale precisa. Porta a porta, contatti diretti, nessuna presenza alle iniziative del sindaco. Chiuse le urne del primo turno, Guglielmo e De Dominicis hanno fatto il pieno di preferenze, garantendosi l’elezione in qualunque caso. Qualcosa sarebbe andato storto dopo in una strategia tesa a boicottare la vittoria, almeno per il senatore Bruno Astorre, un pezzo da novanta del Pd nel Lazio, ex capo componente di De Vincenzi prima dello strappo. “In provincia di Roma spiace soprattutto per il risultato di Guidonia Montecelio, dove al primo turno Emanuele Di Silvio, un giovane di 34 anni, un volto nuovo e pulito sostenuto da un’ampia coalizione che va da Campo Progressista ad Alternativa Popolare, aveva staccato lo sfidante del M5S di ben 2mila voti. Forse non si fa peccato a pensare anche a tradimenti all’interno del Pd locale, dove esponenti di primo piano, candidati e non, non si sono mai visti in manifestazioni elettorali né hanno organizzato eventi a sostegno del candidato”. Insomma, l’accusa finisce dritta alla porta di De Vincenzi e Guglielmo, d’altronde tutto si può dire tranne che Astorre non sia uno che parla chiaro. Raccontano i bene informati che venerdì col suo piglio deciso durante la chiusura di Di Silvio a Villanova, abbia invitato Adriano Mazza ad andarsene.
(nella foto in evidenza Silvia Mazza, Emanuele Di Silvio e dietro il senatore Bruno Astorre)
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