La linea divide Roma e la provincia, è fuori il grande raccordo anulare che si gioca la partita rifiuti della Capitale. Aree industriali dismesse e cave: sono le zone indicate come idonee a risolvere i guai della gestione dell’immondizia, nuove possibili discariche nell’hinterland. E’ dalla città metropolitana guidata da Virginia Raggi che parte la lettera inviata ai sindaci che ora hanno 60 giorni di tempo per produrre le osservazioni. Sette pagine con cartografia allegata, dove si addensano puntini rossi da Malagrotta a Guidonia Montecelio.
A Roma è il caos, le foto dei cassonetti stra-pieni ingolfano il web, mentre impazza la polemica politica tra le magliette gialle del piddì e l’inquilina del Campidoglio. Le prospettive, a leggere la missiva inviata dalla dirigente del dipartimento ambiente Paola Camuccio ai Comuni, appaiono tutt’altro che rosee per i territori fuori Gra. In base alle norme regionali dettate dal Piano rifiuti del 2012, la città metropolitana aggiorna “alla data odierna” la planimetria del sistema dei vincoli, che in sostanza fotografa i criteri di localizzazione degli impianti. Si tiene conto di tre aspetti, ambientali (fasce di rispetto dai corsi d’acqua e dalle coste, le aree protette, quelle di interesse archeologico), idrogeologici (aree a rischio esondazione e frane) e territoriali (fasce di rispetto da infrastrutture pubbliche come scuole, ospedali, centri sportivi). Ogni raggruppamento è poi ulteriormente suddiviso in fattori di esclusione, che rendono cioè incompatibile la realizzazione di impianti, fattori di attenzione progettuale dove sono necessari approfondimenti e i fattori preferenziali, quelli favoriti per la costruzione di impianti. Per tirare le somme, i cruciali fattori preferenziali vedono la “baricentricità del sito rispetto al bacino di produzione e al sistema di impianti di gestione dei rifiuti”, la presenza di aree degradate da bonificare come “aree industriali dismesse, discariche, cave”, e una buona rete di infrastrutture, cioè collegamenti stradali. “Lo scopo del presente lavoro è quello di fornire una mappatura delle aree idonee e non idonee per il posizionamento degli impianti di trattamento, recupero e smaltimento dei rifiuti”, insomma impianti e discariche. Le reazioni chiaramente non mancano a ogni livello, Guidonia Montecelio che ha ospitato una discarica per trent’anni, è già sede di un impianto di trattamento meccanico biologico nato a bocca di discarica appunto, convivendo con un parco archeologico naturalistico all’Inviolata. Un impianto chiuso, perché sotto sequestro della magistratura, e al centro di una complessa vicenda giudiziaria. Sono sotto la lente autorizzazioni, vincoli paesaggistici, di una creatura nata nella galassia del patron dei rifiuti Manlio Carroni, campo di battaglia delle associazioni ambientaliste locali, che proprio pochi giorni fa hanno visto rigettato il ricorso presentato al Tar sul Tmb. Un impianto – vale la pena ricordarlo – capace di trattare 190mila tonnellate l’anno, ben al di sopra delle quantità prodotte dalla città. E all’ordine del giorno oggi c’è l’ombra di una nuova discarica: i puntini rossi sono una cinquantina, e Guidonia c’è.
Gea Petrini
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