Home città Guidonia Guidonia, Potere al Popolo: “Barbet dica no al decreto Salvini, va contro lo spirito di solidarietà”

Guidonia, Potere al Popolo: “Barbet dica no al decreto Salvini, va contro lo spirito di solidarietà”

Guidonia, Potere al Popolo: “Barbet dica no al decreto Salvini, va contro lo spirito di solidarietà”

E’ una lettera aperta di Potere al Popolo ad aprire anche a Guidonia Montecelio il caso sul decreto Salvini che va a incidere sul sistema dell’accoglienza a partire dai Comuni. Una febbre che sta attraversando il Paese, e che ha condotto sindaci da nord a sud alla disobbedienza civile, pronti a non applicare le norme, e le Regioni dalla Toscana alla Sardegna a dire no al decreto. Anche in provincia di Roma il tema è all’ordine del giorno, a Tivoli il sindaco Proietti, stimolato da Articolo 1, ha scritto una lettera a Nicola Zingaretti chiedendogli di unirsi alla battaglia portando la questione di fronte alla Consulta. Guidonia che ha un’amministrazione cinque stelle, alleata quindi a livello nazionale con i leghisti, ancora non si è espressa formalmente. Potere al Popolo allora con una lettera aperta chiede a Michel Barbet “di non rimanere alla finestra, ma di contrastare questo decreto, che va contro quello spirito di umanità e solidarietà che istituzioni di un paese rinato dalla resistenza dovrebbero incarnare”.

I punti critici del decreto. Diversi i profili problematici individuati dalla sinistra di Filippo Silvi e Massimo Leonio. Il decreto – spiegano – elimina la possibilità per le commissioni territoriali e per il Questore di valutare la sussistenza dei gravi motivi di carattere umanitario abrogando, di
fatto, tale istituto per il rilascio del permesso di soggiorno e introducendo una tipizzazione delle modalità di tutela complementare che non riconosce l’accesso alle misure di accoglienza. Non specifica, se questi nuovi permessi di soggiorno permettano l’iscrizione obbligatoria al Servizio Sanitario Nazionale (SSN), come invece garantiva il permesso per motivi umanitari, con il rischio di ricaduta dell’intero costo dell’assistenza sanitaria sugli enti locali, prolunga il periodo massimo di trattenimento dello straniero nei centri di permanenza per i rimpatri da 90 a 180 giorni. Il decreto Salvini elimina gli sportelli comunali che forniscono attività informative, di supporto e di assistenza agli stranieri che intendano accedere ai programmi di rimpatrio volontario-assistito. E continuano: riserva l’accoglienza nel sistema SPRAR ai soli titolari di protezione e minori stranieri non accompagnati, escludendo i richiedenti asilo; esclude la possibilità ai detentori di permesso di soggiorno per richiesta di asilo l’iscrizione all’anagrafe dei residenti, con conseguenti criticità nell’accesso ai diritti sociali e al diritto alla salute in particolare per la difficoltà di iscrizione al SSN senza il riconoscimento di una dimora abituale.

La posizione di Potere al Popolo. “Con un quadro normativo così delineato, vengono vanificati gli sforzi fatti volti ad un’equa distribuzione sostenibile su tutto il territorio. Il provvedimento favorirà quindi le grandi concentrazioni di persone nei grandi CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), di difficile gestione con poche possibilità di percorsi di integrazione e con impatti fortemente negativi per i cittadini; la mancanza di percorsi di integrazione anche in città più piccole porteranno ad aumentare ulteriormente in città presenze di persone in condizione di estremo disagio, che potrebbe aprire a tentativi di reclutamento da parte della criminalità organizzata o costringere a vivere di espedienti; potrebbe aumentare in maniera significativa il numero delle persone che, alla luce delle modifiche nella normativa, sarebbero poste, in assenza di titolo di soggiorno, in condizione di marginalità e vulnerabilità. L’Anci nazionale ha stimato complessivamente in 280 milioni di Euro i costi amministrativi che ricadranno su Servizi Sociali e Sanitari territoriali e dei comuni, in conseguenza delle previsioni del decreto in oggetto, per l’assistenza ai soggetti vulnerabili, oggi a carico del sistema nazionale. Il rifiuto dei sindaci di applicare il decreto Salvini è un atto ammirevole di disobbedienza civile e di obiezione di coscienza. L’obiezione, è motivata dalla convinzione del carattere incostituzionale del decreto perché lesivo dei diritti fondamentali delle persone. Naturalmente i sindaci non possono disapplicare la legge – spiegano – e neppure promuovere essi stessi la questione di illegittimità di fronte alla Corte costituzionale ma possono farsi promotori e richiedere, attraverso la giunta o il consiglio, che la Regione Lazio impugni la legge dinanzi la Corte costituzionale. Infine, oltre alla strada intrapresa dal sindaco Orlando – l’azione di accertamento, già sperimentata in materia elettorale, davanti al giudice civile perché questi chieda alla Corte costituzionale se la legge è conforme o meno alla Costituzione – i sindaci disobbedienti potranno, qualora i loro provvedimenti venissero annullati dai prefetti, impugnare gli atti di annullamento di fronte ai Tar, cioè ai tribunali amministrativi, e, in quella sede, proporre l’eccezione di incostituzionalità delle norme da essi ritenute incostituzionali”.

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