di Gea Petrini
“Ho appreso la notizia con pacato entusiasmo”. Sceglie le parole con attenzione, il giovane Alessandro Messa, avvocato, consigliere (unico) uscente di Fratelli d’Italia: a poche ore dall’ingresso ufficiale di Marco Bertucci nel partito, accolto dai big in pompa magna (il nazionale Lollobrigida fino al consigliere regionale Righini), è nella terza città del Lazio che si vivono le conseguenze dirette del passaggio. D’altronde quando a mettere piede in casa è l’ex primo degli eletti (quasi 2mila voti nel 2014) insieme a un intero gruppo in diversi comuni dell’area (come Sant’Angelo e Castel Madama), appare chiaro come venga da porsi qualche domanda sulle reazioni e sulle prospettive future. “Io non sono il leader di Fratelli d’Italia, ho avuto l’onore di rappresentarla in consiglio, la leadership poi ce la giocheremo alle elezioni”.
Temuto da vicini e lontani, “guardi io sono sereno oggi”, confessa l’avvocato alla fine di una telefonata nel pomeriggio afoso di lunedì. Non è stato uno choc leggere dell’arrivo di Bertucci: “Lo sapevo da una settimana, ci siamo incontrati e mi ha detto di nutrire molta simpatia per Fratelli d’Italia”. Un faccia a faccia racconta Messa mirato a capire gli spazi: “Mi ha chiesto se ci fosse posto e gli ho risposto di sì, l’importante è che ci si metta a servizio del partito e non viceversa. Il movimento non deve diventare uno strumento da usare per i propri obiettivi, se invece alla base c’è la militanza, se ci sono i valori allora un percorso lo si crea e non ci sono particolari veti”. Precisazioni che qualcosa contano, solo una manciata di mesi fa nel pieno del dibattito sullo scioglimento anticipato Messa e Bertucci erano su fronti opposti e il primo degli eletti era stato accusato di incarnare la vecchia guardia, quella che aveva distrutto il centrodestra. Fasi che passano, per carità, il rottamatore di destra chiarite le premesse a questo punto sintetizza, “non mi straccio le vesti se arriva e neanche se va via, insomma se dovessi dirgli qualcosa gli direi: benvenuto”.
Il terremoto c’è e si ripercuote in tutto il centrodestra, ma per Fratelli d’Italia non sarà l’inizio di una contesa sulla leadership, appena introdotto l’argomento anzi Messa interviene, “sono molto restio ai personalismi, non sono io a rappresentare Fratelli d’Italia ma le nostre idee: la tutela privilegiata per gli italiani, l’armonia tra capitale e lavoro. Io ero quello che sedeva in consiglio comunale e che aveva l’onore di esprimere quelle idee”. Poi il resto – aggiunge – si vedrà con le elezioni.
Un anno di commissariamento fino alle urne della prossima primavera. Il centrodestra esce a pezzi dalla caduta del governo, dodici mesi per ricostruire un percorso. In solitaria o con una coalizione? Per Messa è ancora presto per capirlo: “I contenitori non mancano, partiti e liste civiche, a mancare sono i contenuti. Se si parte con i contenuti allora può accadere di tutto, ma non è chiaro quali siano le visioni della città”. Intanto va avanti il dialogo con gli interlocutori dell’amministrazione, incluso Andrea Di Palma che era in forte asse con Fratelli d’Italia. Ma alleanze future non sono scontate: “Non ho preclusioni, certo la sua storia e il suo passato conteranno ma ci sarà dialogo con tutti. Non c’era un patto con Di Palma, c’era una condivisione con i soggetti che amministravano il Comune, la mia lealtà non era a lui ma alla coalizione che aveva eletto il sindaco Rubeis. Di Palma è un amico e continueremo a parlare. Vedremo se si riesce a imprimere nero e su bianco la strada da far percorre a Guidonia, allora si può fare”. L’impegno dell’avvocato sarà ancora in prima persona, “ho volontà di candidarmi perché penso di poter dare e dire molto alla città e di poter difendere gli interessi collettivi, ma come mi candiderò non lo so”. Messa in corsa da sindaco, la possibilità c’è.
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