Nel mirino ci sono le responsabilità degli uffici comunali che hanno dato il via libera al taglio degli alberi della pinetina, annientata a Guidonia Montecelio nell’arco di quattro giorni a ridosso della festa patronale. A chiedere ragioni sono i cittadini che hanno firmato un esposto presentato, attraverso la polizia di Villalba, alla Procura di Tivoli: obiettivo individuare ogni eventuale mancanza e relativa “colpa” dietro la scelta di radere al suolo un luogo simbolo del centro cittadino.
Strage di pini, l’ha definita così la consigliera leghista Giovanna Ammaturo: dal 10 al 13 settembre sono stati tagliati una quindicina di alberi rimasti dopo un primo intervento che già aveva decimato la presenza. L’antefatto sono due crolli a distanza di pochi mesi, a marzo e fine agosto, il primo con due feriti di cui una grave, che hanno generato allarme oltre ad aver dato il via a un’indagine da parte della magistratura. I primi due alberi che sono schiantati a terra, nella pineta grande al di là di via Roma, sono ancora lì nell’area sequestrata e oggetto precedentemente di una ordinanza sindacale che ne aveva disposto la chiusura a febbraio dopo le nevicate per le verifiche di stabilità degli alberi. Ordinanza mai rispettata, tanto che i controlli non erano stati effettuati e la pineta, quando sono venuti giù gli alberi, era regolarmente frequentata. Sono scattati i sigilli e le verifiche nel corso dei mesi in tutti i parchi chiusi sotto l’onda dell’emergenza (e della paura). Quando riapre la pinetina, su Largo Duca D’Aosta, gli uffici comunali del settore ambiente guidati dalla dirigente Paola Piseddu danno il via libera sul fronte sicurezza in base a una perizia degli esperti che sono andati a controllare pianta su pianta. A luglio però esplode il caso Fairylands: agli organizzatori il Comune chiede una perizia aggiuntiva, a proprie spese, in base al numero di visitatori previsti. Il messaggio: la pinetina è sicura ma se vengono diecimila persone chissà. Una anomalia per il clan del festival celtico, tanto che alla fine l’evento salta. Tanto sicura l’area però non era, visto che nemmeno due mesi dopo, avviene un altro crollo di fronte la pinetina, sul versante del monumento. E’ fine agosto. Chiusa la strada, il Comune dà il via a una ulteriore perizia con due sopralluoghi, l’ultimo il 7 settembre: c’è la festa patronale che incombe, il 10 iniziano a tagliare tutto, dopo quattro giorni la pinetina non esiste più.
Un colpo per i cittadini. C’è il piano emotivo e culturale della comunità, e quello amministrativo. E qualche guaio spunta. Lo riporta il Messaggero che la Soprintendenza ha tirato le orecchie al Comune: serviva un parere prima di abbattere gli alberi. L’andamento degli atti negli uffici comunali però non convince al punto da produrre un esposto in Procura. L’abbattimento dei pini per rischio crollo è secondo i firmatari un quadro non esaustivo di quanto accaduto nel Comune che avrebbe ignorato le prescrizioni inserite nella legge 10 del 2013, norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani, quella – per intendersi – che ha istituito la giornata nazionale degli alberi il 21 novembre. Nella legge si chiariscono quali categorie di alberi rientrano nella definizione di monumentali, quali cioè hanno un particolare interesse culturale e comunitario, per abbattaerli serve un parere obbligatorio del Corpo forestale dello Stato. “Quegli alberi, una trentina in tutto – è scritto nell’esposto – oggi non esistono più e all’orizzonte non pare che esistano da parte dell’amministrazione dei progetti di riqualificazione che tendano alla piantumazione di altri alberi e comunque, anche se così fosse occorrerebbero molti anni prima che quello spazio torni ad essere ombreggiato, piacevole e pienamente fruibile”. Nell’esposto si chiede di acquisire la relazione dell’agronomo che ha indicato l’abbattimento e verificare se l’amministrazione abbia considerato un metodo conservativo o proceduto a un censimento degli alberi di interesse cittadino come prevede la legge del 2013. “In soli quattro giorni la storica pinetina di Guidonia non esiste più. Col tempo, come spesso accade, tutti quegli spazi inutilizzati lasciano spazio al degrado, perché lontani dalla memoria storica della comunità”. Nell’esposto si conclude che “siamo di fronte a un disastro ambientale”.
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