Home Cronaca Guidonia è mondo a sé, la legge sulle cave la fa il Comune. Le aziende: “Così cancellano un intero distretto industriale”

Guidonia è mondo a sé, la legge sulle cave la fa il Comune. Le aziende: “Così cancellano un intero distretto industriale”

Guidonia è mondo a sé, la legge sulle cave la fa il Comune. Le aziende: “Così cancellano un intero distretto industriale”

E’ nel terzo giorno di sciopero degli operai delle cave che gli imprenditori in piazza, vicino a loro, decidono di parlare. Lo scontro con l’amministrazione cinque stelle di Guidonia Montecelio ha raggiunto il culmine in piena estate quando è arrivata la prima revoca a una azienda, il Comune ha imposto cioè lo stop che ha causato i primi cinquanta licenziamenti. Il resto è storia di protesta e di un clima che – è la tesi – non fa bene al territorio che ha un distretto industriale “che realizza progetti in tutto il mondo”. Ma la tensione di queste settimane, e il vortice di attacchi e “diffamazioni” che hanno colpito il comparto del travertino, spingono le aziende a voler ripercorrere le tappe dei rapporti, dei tavoli, degli impegni non mantenuti dal Comune. Un quadro – spiegato in una conferenza improvvisata in piazza da Filippo Lippiello, presidente del centro per la valorizzazione del travertino romano – che consegna una mappa precisa. A Guidonia Montecelio “la legge sulle cave è diversa rispetto a tutto il resto della Regione compresa Tivoli”.

Tutto inizia a gennaio quando il Comune inizia a emettere predinieghi di proroga e di rinnovo a tutte le aziende estrattive. “Le motivazioni fornite dal Comune per i predienighi – ha detto Lippiello – sono mutate nel tempo. Ogni volta che di fronte a una contestazione sono state fornite risposte risolutive della criticità, allora si è trovata un’altra e nuova contestazione fino all’incompatibilità urbanistica”. Per questo, sulla scorta di questo primo scontro, viene convocato il tavolo comunale. Intanto proprio in quei giorni, non sono state rilasciate autorizzazioni per una proroga e per un ampliamento a una cava, che ha dovuto chiudere.

Dopo il primo shock di marzo – ripercorrono gli imprenditori – le organizzazioni sindacali hanno proclamato uno sciopero ad aprile che ha condotto a un atto di indirizzo votato in consiglio comunale che impegnava il sindaco a dirimere le criticità chiedendo aiuto alla Regione. Invece nonostante l’indicazione del consiglio, è accaduto che la Regione ha fornito un’interpretazione e il Comune invece non l’ha ritenuta valida. “Questo vuol dire che a Guidonia la legge cave è differente dal resto della regione oltre che da Tivoli – spiega Lippiello – Siamo in questa situazione: gli stessi imprenditori a Guidonia cavano in maniera difforme dalla norma e a Tivoli no, quando il metodo estrattivo è lo stesso. Nonostante questo noi abbiamo continuato a credere nell’istituzione e abbiamo portato avanti il confronto fino al punto in cui un bel giorno si arriva alla vigilia della firma di un protocollo e la giunta invece impugna le verifiche di valutazione di impatto ambientale delle cave aprendo un conflitto istituzionale con la regione Lazio. In tutto sei impugnazioni. È chiaro che a quel punto il tavolo comunale perde la sua valenza”.

La Regione Lazio avvia così il tavolo regionale, dove si lavora a un accordo di programma che prevede controllo e vigilanza dell’attività estrattiva per l’ambiente e la sicurezza, un’azione di promozione per la filiera corta, il marchio del travertino e misure di internazionalizzazione. “In quel tavolo regionale si prevede che il Comune debba deliberare un atto di indirizzo per dettare i criteri delle domande di rinnovo e proroga delle cave”. Atto di indirzzo che non arriva mai e il Comune intanto continua a emettere predienighi. La Regione Lazio mette a disposizione il proprio personale per le verifiche sui piani di coltivazione e recupero ambientale, per capire se siano conformi a quello originario. Verifiche iniziate su tre o quattro aziende, non in luogo, ma che richiedono una documentazione complessa per la valutazione, si tratta di 11 tavole, cartografie e dati da consegnare entro 30 giorni, con la scadenza quindi a metà settembre. “In questo quadro il 10 agosto ad aziende chiuse – spiega il presidente del Centro – arriva il primo atto di revoca di una autorizzazione per difformità del piano di recupero ambientale con quello presentato. L’atto di revoca è per l’unica azienda che ha presentato il piano. Anche ammettendo che il Comune non lo reputi adeguato avrebbe dovuto chiedere una integrazione e non passare alla revoca. A quel punto ad agosto in tutte le aziende sulle quali pendono i predinieghi, si diffonde un allarme serio”.

Il 23 agosto c’è il tavolo convocato dall’assessore regionale Manzella al quale il Comune si presenta con una formazione nuova: oltre al sindaco al vicesindaco e all’assessore all’ambiente anche due presidenti di commissione, ambiente e attività produttive. Il Comune sostiene e lo fa anche pubblicamente attraverso un comunicato stampa che l’azienda non ha presentato il piano. “Una versione smentita dalle carte, dalle pec inviate compreso l’indirizzo del sindaco – precisano – E l’amministrazione a quel punto sostiene che non è sufficiente. È chiaro uno scollamento tra il tavolo e le azioni messe in campo dal Comune, così l’assessore Manzella chiede all’amministrazione l’impegno di adempiere a quell’atto di indirizzo. Il comune chiede di accelerare l’accordo di programma che ha la scadenza fissata al 30 settembre e che prevede un calendario complesso per arrivarci: la regione dice di no, le scadenze già ci sono e il percorso è già programmato. L’amministrazione viene smentita delle carte e dall’assessore regionale”.

Dal 23 è cronaca di questi giorni. Gli imprenditori accusano “una campagna diffamatoria nei confronti di un settore per generare procurato allarme e consentire all’amministrazione comunale di sostenere questioni chiuse”. Va avanti Lippiello: “Non diciamo che l’attività estrattiva non sia impattante, ma non è possibile per chi ha responsabilità tecniche sostenere che una cava in attività non abbia un buco: se questo travertino sta qui non può stare lì. La proposta di ripristinare con terre e rocce prese da fuori è stata rifiutata: questo vuol dire che o perori l’abusivismo o non vuoi riempirle. Se c’è qualche situazione di grande criticità è perché sui piani di recupero pensati così con i materiali provenienti da fuori non è stato dato il permesso. Qualcuno vuole che ci si porti l’immondizia? Noi no. Fateci rispettare la norma. Le cave di travertino si cavano così in tutto il mondo. Oggi qui non c’è solo chi cava, ci sono laboratori, chi fa movimentazione terra, chi ha ditte di appalto. Questo è il distretto industriale, altrimenti ci cancellano dal mondo con ricadute occupazionali e sociali devastanti. Noi con competenza e coscienza siamo aperti a qualsiasi proposta, pronti a proposte migliorative ma devono sapere entro quale confine percorribile. Le criticità si affrontano a cave aperte – conclude – è da qui, ricordiamolo, che si realizzano i più grandi progetti al mondo”.
geape.

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