Francesco Polucci, in arte Frank Polucci, cantautore di Guidonia Montecelio entrato a far parte del team Dolcenera nel programma The Voice Italy di Rai 2. Cosa significa per lei partecipare ad uno dei contest musicali più importanti sul panorama nazionale?
Entrare a far parte di The Voice quest’anno è la conferma che non sto sbagliando nel mio percorso musicale e nelle mie scelte, anche quella di mettermi in gioco pur non essendo più un ventenne. Questa esperienza mi sta regalando un grande entusiasmo e fiducia nelle mie capacità, ma la cosa che mi da più gioia è vedere la luce negli occhi delle persone che hanno sempre tifato per me e creduto nel mio talento. La televisione senza dubbio è un potente trampolino di lancio e di questi tempi per un cantautore come me può essere un modo per uscire fuori dall’anonimato e far conoscere la mia musica ad un pubblico più ampio. Tuttavia un aspetto importante per me è riuscire a rimanere con i piedi per terra, ma nello stesso tempo mettere l’anima in ogni prova a cui verrò sottoposto.
È stato scelto da Dolcenera crede sia tra i giudici presenti quello più adatto ai tuoi standard musicali?
Credo di essere stato molto fortunato perché appena ho saputo quali sarebbero stati i giudici di quest’anno non ho avuto un attimo di dubbio. Dolcenera è stata la mia scelta fin da subito per tanti motivi. Il primo motivo è ovviamente musicale: l’ho sempre stimata anche se mai come in questi ultimi tempi. Nel suo ultimo album ha infatti sperimentato mondi sonori molto moderni ed elettronici che rispecchiano molto il mio modo di scrivere ed arrangiare di questo periodo. Inoltre è una persona senza dubbio preparatissima dal punto di vista musicale e quindi uno dei coach dal quale potrò imparare molto e da cui potrò trarre degli spunti per crescere professionalmente. Dal punto di vista umano è una persona che mi piace molto, nonostante stia ricevendo molte critiche: amo la sua follia, il suo estro ma anche la sua tenerezza e credo che alcuni suoi atteggiamenti, da alcuni non condivisi, siano invece dettati dalla spontaneità e dalla naturalezza, privi dei troppi filtri che la tv impone, capaci a momenti di donare brio al programma. L’ultimo aspetto da non sottovalutare è quello del suo paese di origine, “Galatina” in provincia di Lecce, che è lo stesso dove è nato mio padre che ho perso da poco. Il fatto che si sia girata solo lei quasi alla fine è stato come un segnale che qualcuno mi ha voluto mandare dall’alto: credo in queste connessioni astrali. Il sangue salentino che c’è in lei forse l’ha messa in connessione con me in qualche modo.
Ci parli delle tue origini, quando e come è iniziata la tua avventura con la musica?
Credo che il mio primo incontro con la musica sia avvenuto addirittura prima della mia nascita, quando nel grembo di mia madre “ascoltavo” Vivaldi. Lei è stata la prima persona ad avermi trasmesso l’amore per la musica, una specie di imprinting che ha segnato tutta la mia vita. Per arrivare ad un vero impegno nella musica dobbiamo tuttavia aspettare qualche anno: intorno ai dieci anni iniziai a sentire le prime vibrazioni e sensazioni musicali con Michael Jackson, Madonna e la colonna sonora di Rocky 4 ascoltando le audio cassette ereditate dai miei fratelli maggiori. Negli anni successivi grazie ai miei amici di scuola mi sono subito direzionato verso panorami musicali molto più “duri”, come I Metallica, Nirvana, Soundgarden ecc. Tuttavia l’esperienza interiore più significativa tra me e la musica avvenne in un luogo meraviglioso, un monastero dell’ordine dei monaci Camaldolesi del 1200, immerso nel parco naturale del Casentino, dove per dieci anni di seguito ho trascorso parti delle mie estati di adolescente insieme alla mia famiglia e dove ho potuto non solo espandere le mie conoscenze e amicizie, ma anche vivere la mia prima esperienza artistica nel vero senso della parola. È in questo luogo che ho posato per la prima volta le mani su una chitarra, è qui che ho compreso come la mia voce avesse capacità particolari, che mi distinguevano dagli altri ragazzi. In seguito ci sono state le prime esperienze nei gruppi della mia città, Guidonia Montecelio, ma ogni volta che tornavo in quel paradiso scoprivo qualcosa in più su di me e sulla mia voce fino a che non scrissi la mia prima canzone a 16 anni che si chiamava proprio “Apro gli occhi”, brano che cantai l’ultima sera nel momento di preghiera che facevamo noi giovani seguiti da un monaco straordinario di nome “Arrigo”. Quel brano diede il nome al mio primo disco che arrangiai tutto da solo grazie ad un registratore 8 piste digitale, che ricevetti per regalo di compleanno. Da lì nacque la mia voglia di scrivere e arrangiare ogni parte delle mie canzoni,voglia che poi ho assecondato e nutrito negli anni grazie a studi e strumentazioni sempre più avanzati. Da quel punto ad oggi ci sono quasi 20 anni di vita musicale.
Cosa si aspetta da questa esperienza?
Da questa esperienza mi aspetto una spinta verso l’alto, uno slancio che mi dia quel minimo di visibilità in più che mi permetta di diffondere la mia musica e la mia essenza a più persone possibile.
Sogno nel cassetto?
Il mio sogno nel cassetto è lo stesso da sempre: suonare in un’arena enorme piena di persone, iniziare a cantare una mia canzone e sul ritornello di questa puntare il microfono verso il pubblico. Sarà in quel momento quando le mie parole saranno sulle bocche e sui sorrisi di tutti, quando il coro della folla mi farà scendere lacrime di gioia, che avrò la consapevolezza che la mia musica è entrata nel cuore delle persone.
Nicole Maturi
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