Le tende montate sulla piazza di travertino sono l’immagine simbolo della presidio notturno degli operai delle cave sotto il Comune di Guidonia Montecelio. L’esito dello sciopero generale di ieri mattina, i lavoratori hanno sfilato dalla Triade al centro città con le bandiere sindacali in pugno e gli striscioni diretti al Palazzo dei cinque stelle dove è arriva il sottosegretario Andrea Cioffi insieme a Sebastiano Cubeddu, il deputato pentastellato oggetto di qualche contestazione.
Camminano, soffiando nei fischietti, i lavoratori delle cave, i licenziamenti sono arrivati a 150. In mezzo a loro ci sono imprenditori, esponenti politici dal piddì ai leghisti, il variegato mondo che si sta opponendo alla chiusura delle cave per mano dei cinque stelle. E’ arrivato l’ennesimo proveddimento che blocca la terza cava finita nella black list dell’amministrazione per non aver rispettato le prescrizioni tecniche relative al piano di recupero. Una versione contestata dagli imprenditori che accusano il Comune di interpretare la norma in maniera diversa da quanto accade altrove, in termini totalmente restrittivi. Con l’arrivo in piazza gli striscioni vengono affissi sulla facciata, “siamo tutti cavatori” è diventato lo slogan di una protesta che va avanti dal 3 settembre. Il sindaco non c’è, poi rientra e l’incontro con i sindacati non produce nulla. Lo spiegano dal microfono in piazza, “è un disco rotto”, “il sindaco è cinico rispetto alla problematica della disoccupazione”, dicono i sindacalisti della Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil, Claudio Coltella, Daniele Mancini e Remo Vernile. “E’ un dramma sociale che non può essere trattato in modo burocratico. Si parla di vita, storie, famiglie. I lavoratori non se ne andranno sino a quando non si troverà una soluzione. Chiediamo la sospensione delle decisioni, un immediato confronto per regolamentare, rinnovare, ristrutturare profondamente il sistema di estrazione e lavorazione del travertino, di incentivare la realizzazione dell’intera filiera in loco dall’estrazione al prodotto finito, di bonificare le cave dismesse. Ma tutto questo non deve essere fatto sulla pelle dei lavoratori. Per questo chiediamo il ritiro immediato dei licenziamenti altrimenti sarebbe una catastrofe per il settore ed il definitivo disastro occupazionale del territorio”. Così a difesa di 2.000 posti di lavoro, montano le tende, in numero simbolico e inizia il presidio permamente in piazza, si unisce anche quella del consigliere del piddì Emanuele Di Silvio che si fa aiutare dagli operai per montarla, la protesta politica infatti corre parallela a quella sindacale. La Lega sfodera le magliette, “siamo tutti cavatori”, i sindacati anticipano una manifestazione che presto sarà al ministero dalle parti di Di Maio. Intanto arrivano i parlamentari.
Il sottosegretario Andrea Cioffi, numero due appunto del ministero dello sviluppo di Di Maio è accompagnato da Cubeddu. Il deputato di Guidonia, eletto nel collegio uninominale proprio con i cinque stelle, è stato il grande assente di questi giorni di protesta. Tanto da essere attaccato con uno striscione apparso dalle parti della Triade l’altra notte. “Noi siamo lo Stato”, “le istituzioni sono qui”, sono le uniche parole che dice Cubeddu quando, dopo il colloquio con il sindaco, scendono insieme in piazza. Viene contestato. Barbet passa il microfono, ringrazia, sempre più teso, annunciando un incontro in Regione per il quale deve scappare velocemente. Cioffi annuncia l’impegno del ministero a studiare la questione senza far mancare qualche stoccata per la Regione Lazio: “Interagiremo con l’ente che rilascia le concessioni, ovvero la Regione Lazio, che ha delle responsabilità che devono essere prese in considerazione. Il Ministero segue con molta attenzione la salvaguardia dei lavoratori e sarà a fianco degli enti territoriali per arrivare ad una soluzione”. Gli impegni non convincono però la piazza: “Solo parole, vogliamo risposte”.
I riflettori restano accesi per l’intero pomeriggio, quando appare il senatore forzista Maurizio Gasparri con la consigliera regionale Laura Cartaginese. Parla con gli operai e gli imprenditori, telefona in diretta alla deputata leghista Barbara Saltamartini perché si attivi come presidente di commissione alla Camera per salvare i “2mila posti di lavoro e una città che rischia la paralisi”. C’è Vernile a ripetere al senatore, “qui si bloccheranno 40 milioni di euro di salari l’anno”, un colpo letale per l’intera economia del territorio. E poi Gasparri aggiunge, “stasera chiamo Zingaretti”. Mentre la Cartginese chiosa: “Barbet deve dimettersi”.
Arriva la sera, la protesta a oltranza diventa presidio notturno. Mentre gli operai sono nelle tende, il sindaco Michel Barbet torna a parlare via social dell’incontro con Cioffi. Le conclusioni di Barbet sono le stesse: “I singoli imprenditori che hanno operato al di fuori delle norme sono i veri responsabili di questa situazione. Guidonia Montecelio è e sarà presidio di legalità a tutela di tutti: lavoratori, cittadini, ambiente, produttività”. Intanto quasi duecento licenziamenti, danni collaterali.
Gea Petrini
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