“Io ho il mutuo da pagare, i figli che studiano”, urla un operaio a Michel Barbet: dopo due giorni di presidio il sindaco cinque stelle scarta ogni possibile soluzione per evitare i licenziamenti e la chiusura delle cave. E’ la notte drammatica di Guidonia Montecelio. Il governo cinque stelle viene contestato, esplode la rabbia, l’opposizione per protesta occupa l’aula fino a che ottiene la convocazione per domani, giovedì mattina, di una seduta urgente del consiglio comunale. Il clima è surreale, la polizia scorta il sindaco e il gotha cinque stelle, alle due di notte lasciano il Palazzo assediato tra l’esasperazione dei lavoratori. Il governo pentastellato genera l’emergenza sociale.
La revoca dell’autorizzazione inviata alla Str, la prima azienda colpita, nel “blitz” di ferragosto, non viene congelata. Sarà il Tar a decidere, il Comune se ne lava le mani. I cinquanta licenziamenti già causati dal blocco all’attività, sono “disagi” per il sindaco, li definisce così nel comunicato pubblicato sui social appena pochi istanti prima di scendere dai lavoratori che attendono da ore, “una mancanza di rispetto” che non sfuggirà alla piazza. La maggioranza cinque stelle dopo settimane di ambiguità, in quella nota chiarisce che il Comune andrà avanti. La chiusura delle cave – sia chiaro una volta per tutte – è una posizione politica. Nessuna retromarcia, nessun passo verso le aziende e gli operai, “come amministrazione siamo assolutamente consapevoli che la linea politica di regolarizzazione e riforma delle attività di escavazione del travertino nel nostro territorio costituisce nell’immediato un disagio per i lavoratori che operano nel settore delle cave, ma siamo certi che la riforma non più rimandabile porterà il beneficio che tutte le parti in causa auspicano e cercano da anni”. Insomma, l’amministrazione manderà a casa in sei mesi 2mila persone. Anche se la versione fornita di fronte agli operai è più stringata e infarcita del “nostro impegno continua”, Barbet circondato dai suoi, paralizzati dalla tensione, rigetta ogni possibile via d’uscita. Scoppia il caos in piazza, il sindaco dietro il cordone della polizia è bianco come uno straccio, un paio di consigliere hanno il terrore negli occhi, gli operai gridano, “vattene a casa”, “tornatene in Francia”, “ci condannate”, è un putiferio, si buttano in avanti, la polizia contiene, ci sono minuti di forte concitazione, finché il sindaco e i suoi non tornano dentro di corsa.
Il pessimismo, sia chiaro, monta già dal pomeriggio, le poche notizie che trapelano, mentre fuori operai, imprenditori e l’opposizione non mollano il presidio, escludono ogni ipotesi di intervento politico dal parte del sindaco e della Giunta. L’unica chance che si vagheggia è quella del prefetto, come dire non si sbloccherà niente. Dopo che Barbet torna da Roma intorno alle 13, non si fa più vedere. Nemmeno il capogruppo Giuliano Santoboni, sono asserragliati all’interno in riunione permanente. A metà pomeriggio l’assessore regionale Gian Paolo Manzella dichiara, il tavolo regionale è in piedi, manca una linea chiara del Comune. La pressione sale, i cinque stelle non si affacciano, senza dare cenni per ore, fino alle 21, quando Barbet varca la soglia del Palazzo e informa gli operai che il Comune non ha accettato nessuna delle tre opzioni messe in campo per uscire dall’emergenza. Scoppia la protesta, “sta ridendo, ride” gridano gli operai di fronte agli atteggiamenti del cinque stelle Alessandro Cocchiarella, “sfida la piazza” urla un altro in piedi sulla panchina. Intanto Laura Santoni, è sull’orlo del malore per la tensione, schizzano all’interno e resteranno lì altre quattro ore. Gli operai infatti si dividono in due gruppi, davanti a ogni entrata dove la polizia è schierata per garantire la sicurezza di tutti. I cinque stelle provano a uscire, ma appena sentono le grida rientrano correndo, più volte, c’è chi inciampa per le scale, chi zaino in spalla si chiude nel mutismo.
La piazza brulica di politici e cittadini venuti a sostenere la battaglia, c’è Potere al popolo, Massimo Leonio parla “dell’incapacità dell’amministrazione che sta colpendo i lavoratori che campano con lo stipendio”, compiuto il disatro, l’unica strada “sono le dimissioni del sindaco”. Le forze di opposizione, Pd, Polo civico, Lega e FdI occupano l’aula per protesta, fanno venire a mezzanotte il presidente Mortellaro e ottengono, ieri sera stessa, la convocazione del consiglio per domani mattina sulle cave. I sindacati intanto fissano l’assemblea dei lavoratori per questa mattina, per continuare la lotta. Intorno all’una di notte, mentre va da una parte all’altra, Claudio Coltella della Fillea Cgil fotografa la giornata incredibile: “E’ una vergogna, questa città non si merita un sindaco e un’amministrazione che non rispettano i cittadini e i lavoratori, le più elementari norme della buona educazione, non si possono lasciare i lavoratori dodici ore fuori dal Comune senza mai scendere un attimo, e ti presenti poi alle nove di sera – dice il sindacalista – dopo otto ore senza alcuna notizia tranne quelle trapelate dall’opposizione, e ti presenti dicendo che non si può fare niente. I problemi li ha creati il sindaco non rispettando il tavolo e non rispettando i lavoratori. Un sindaco che non ha il coraggio delle proprie azioni, lui ha detto non c’è niente da fare, noi non lo possiamo permettere, la protesta continua”. E torna dagli operai. Sono quasi le due, e i consiglieri di opposizione con i fogli in mano della convocazione tornano in piazza, poco dopo escono dall’entrata laterale i cinque stelle. I primi sono Barbet, il vice Russo e Cocchiarella, la polizia li scorta nell’auto parcheggiata ai portici, le forze dell’ordine li circondano mentre gli operai disperati urlano al sindaco fino a restare senza voce, “infame, infame”. Quando la macchina di Barbet riesce a prendere la strada, tornano verso la piazza che non sembra più quella di sempre, dove si è consumata la frattura insanabile tra l’amministrazione e la città. Un lavoratore cammina a passo svelto, alza la testa e si fa sentire da tutti: “Si deve dimettere, adesso deve solo dimettersi”.
Gea Petrini
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