Una fitta corrispondenza e un unico obiettivo: salvare la casse del Comune da un’emorragia che potrebbe essere letale. La guerra tra il Comune di Tivoli e la Fincres SpA, socio privato della Acque Albule, la società partecipata che gestisce tra le altre cose le Terme di Roma, non è finita con la sentenza che nei fatti intima al municipio a rispettare l’opzione PUT, ovvero a riprendersi le quote del pacchetto privatizzato sborsando i soldi necessari a coprire la transazione. Il Comune infatti ha deciso di non arrendersi, ricorrendo in appello come indicato in una precedente delibera di giunta stilata sul tema.
Se sia un modo o meno di guadagnare tempo lo dirà il tempo stesso, il tema resta però quello di comprendere quali siano le reali intenzioni della maggioranza e dunque quale sia il destino della Città che all’affare termale è legato a doppia mandata.
Secondo il carteggio depositato dai legali del municipio che hanno seguito tutta la vicenda e dall’advisor a cui è stato dato il compito di valutare le strade percorribili, sono tre i punti su cui lavorare: il primo riguarda la sentenza con cui si dovrebbe concludere il ritorno a casa delle azioni, che secondo i tecnici non ha effetto immediato e può essere eseguita solo attraverso un accordo tra le parti; la seconda, invece, riguarda la parte pratica, ovvero il pagamento, per cui “è opportuno che l’Ente risponda formalmente alla predetta diffida stragiudiziale dichiarandosi disponibile ad acquistare le quote, secondo le modalità che saranno definite dall’Ente con propri atti, facendo comunque rilevare che i conteggi indicati da Fincres SpA sono errati perché gli interessi vanno calcolati al saggio di interesse legale determinato anno per anno dal Ministero del Tesoro. Questo nel caso di appello, ovvero di rifiuto a ricevere la somma da parte della Fincres SpA, produce l’effetto di mettere in mora il creditore e ferma il maturare ulteriore degli interessi”. Il terzo e ultimo passaggio invece si occupa proprio dei soldi da corrispondere, che secondo il calcolo fatto dagli esperti chiamati in causa dal Municipio è pari 8.292.084,47 euro e non 12.826.229,26 euro come richiesto da Fincres.
Cosa fare dunque? Anche qui il team di esperti guidato da Fabrizio de Castris ha in mente una road map: per prima cosa Palazzo San Bernardino deve dichiararsi disponibile ad acquistare le quote oggetto del contendere; deve contestare il valore degli interessi da corrispondere; deve attivarsi per ottemperare al pagamento delle somme dovute attraverso un mutuo con la Cassa Depositi e Prestiti, una delle prime opzioni messe in campo all’inizio di questa storia quasi infinita. Interessi che secondo il parere dei legali, rischiano comunque di salire dell’8% all’anno. “Mentre l’avvocato della Fincres sostiene che gli interessi siano moratori, tutti gli esperti consultati ci dicono che gli interessi sono quelli legali – commenta il sindaco, Giuseppe Proietti – Stiamo ancora cercando un accordo e il socio privato è fortemente interessato a mantenere un ruolo nell’azienda. La privatizzazione ha avuto un ruolo positivo, l’ho sempre detto. I numeri dimostrano la bontà della gestione da parte del socio privato e della scelta dell’allora sindaco Vincenzi”, conclude.
La corsa contro il tempo intanto continua anche con i primi rocamboleschi esiti: alla richiesta da parte del dirigente del settore Finanze, Riccardo Rapalli, di accettare il trasferimento delle azioni, la Fincres nella persona del presidente del cda, il ragionier Bartolomeo Terranova, ha risposto con le coordinate bancarie. Il bonifico? Per il momento basta un acconto proprio di 8.292,084,47 euro. Gli altri 4 milioni di euro possiamo darglieli anche dopo.