Era nell’aria da quel giorno di giugno dello scorso anno, quando le fotografie e gli articoli pubblicati sulla stampa nazionale si sono abbattuti come un terremoto sul Pd e in verità sull’intera città di Tivoli con accanto il nome che ha fatto tremare più di una sedia, quello dell’inchiesta “Mafia Capitale”. La conferma però è arrivata questa mattina, quando nelle ore di punta tra il caldo afoso e i bagagli di chi si apprestava a passare il week end fuori porta è giunta pure la notizia aspettata e inaspettata al tempo stesso che vede arrivare dalle parti di Marco Vincenzi, già capogruppo dei dem a La Pisana e oggi presidente della Commissione Bilancio, un avviso di garanzia proprio per i fatti che hanno visto protagonista Salvatore Buzzi, patron della 29 giugno, e l’ex membro della Banda della Magliana, Massimo Carminati, entrambi a processo.
La seconda informativa dei Ros, gli incontri con Buzzi e la campagna elettorale di Tivoli
Vincenzi, il sindaco forte della Superba che ha guidato per ben due volte, uomo d’oro della politica tiburtina nelle 1.543 pagine dell’informativa relativa a “Mondo di Mezzo” c’era finito e questa è cosa già nota. Nel dossier dei Carabinieri del Ros (Raggruppamento Operativo speciale), si raccontavano di incontri, due, e di alcune telefonate e messaggi tra Vincenzi e Buzzi, che sarebbero avvenute lo scorso anno. Stando alle carte citate al centro delle riunioni ci sarebbero stati 1,8 milioni di euro di fondi provenienti dalla Regione Lazio, che sarebbero stati ottenuti grazie all’interessamento di Luca Gramazio, consigliere regionale di Forza Italia e dello stesso Vincenzi per la gestione del verde di Ostia, di cui si parla in un’intercettazione ambientale del luglio di due anni fa in cui Buzzi direbbe: “… il milione e due di Gramazio sta diventando… è diventato un milione e otto perché seicento ce li ha messi pure Vincenzi”. La prima telefonata tra Vincenzi e Buzzi risalirebbe al 4 giugno 2014 a ridosso del voto per le amministrative di Tivoli, nel quale Buzzi riferiva: “… senti io mi so fatto l’elenco dei miei dipendenti su Tivoli, ora li richiamiamo tutti, meno due o tre che so proprio irrecuperabili, perché uno addirittura è candidato con la lista de Napoleoni (Andrea, oggi consigliere di maggioranza aTivoli, nda), ho scoperto. Noi volevamo dà anche a Manuela (Chioccia, candidata a sindaco per la coalizione di centrosinistra oggi capogruppo del Pd in consiglio comunale, nda) un contributo, insomma per il sostegno delle spese che c’ha”. Affermazioni alle quali Vincenzi avrebbe replicato “ti do il coso del comitato elettorale”. Il 12 settembre 2015 il servizio di osservazione predisposto nei confronti di Buzzi documenterebbe un incontro tra quest’ultimo e Vincenzi presso il ristorante “La Tenuta di Rocca bruna” nel corso ci sarebbe stato uno scambio di foglietti, ripetuto qualche settimana dopo, siamo al 18 ottobre stesso anno, in piazza Garibaldi. Tutte accuse già allora respinte in blocco al mittente da parte di Vincenzi che all’epoca, parliamo di più di un anno fa, rimise comunque nelle mani del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, il ruolo di capogruppo del Partito democratico nell’assise regionale, smentendo quanto emerso. Smentite arrivate anche dal fronte tiburtino in relazione ai contributi arrivati a sostegno della candidatura a sindaco dei democratici, che come detto nel 2014 avevano puntato su Manuela Chioccia, per la quale i soldi, 10mila euro, erano stati presi in buona fede come da altri imprenditori e regolarmente rendicontati senza poter sapere i risvolti legali che avrebbero colpito il dominus della 29 Giugno.
La replica di Vincenzi: mi dimetto dalla presidenza della Commissione Bilancio e mi autosospendo dal partito
Immediata la replica alla notifica dell’avviso di garanzia da parte di Vincenzi: “Mi è giunta questa mattina la comunicazione di chiusura delle indagini con notifica dell’avviso di garanzia. Ribadisco la mia totale estraneità alla vicenda, sicuro di aver sempre operato nella più assoluta correttezza e nel pieno rispetto della legge come potrò ampiamente dimostrare. Tuttavia, a tutela dell’istituzione Regionale e del mio diritto alla difesa, ho deciso di rassegnare le dimissioni da presidente della Commissione bilancio della Regione Lazio e di auto sospendermi dal Partito Democratico. Quando cinque mesi fa ho accettato l’incarico, non aver ricevuta alcuna comunicazione giudiziaria. Oggi che questa condizione è venuta meno, preferisco fare un passo indietro per serietà e rispetto nei confronti dei tanti cittadini – elettori che mi hanno dato la fiducia, del Pd, dei colleghi d’aula e del presidente Zingaretti. Confermo la mia più assoluta fiducia nei confronti della magistratura e sono certo che potrà essere facilmente accertata la correttezza del mio comportamento”.
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