Al termine della relazione sentimentale con la compagna, dalla quale sono nati due figli, C.T., italiano di 37 anni, non ha accettato il fatto che la donna avesse cambiato domicilio e cercasse di costruirsi una nuova vita. Minacce e insulti anche ai conoscenti della vittima e sul posto di lavoro hanno portato l’uomo in carcere a seguito di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip e notificata dai poliziotti di Tivoli, diretti da Paola Di Corpo.
La vittima non era più libera di andare a lavoro o di frequentare altre persone: l’uomo la tormentava perché tornasse a vivere con lui. La condotta violenta, aggravata dal sistematico abuso di stupefacenti, si è palesata con azioni persecutorie tipiche dello “stalker”: telefonate e messaggi vocali contenenti insulti, gravi intimidazioni e minacce di morte oltre che con pedinamenti in strada per controllare i suoi movimenti, con sortite nell’attività lavorativa dove lavora la donna per danneggiarla e non permetterle così una indipendenza economica, danneggiamenti in casa dove entrava durante la sua assenza avendo le disponibilità delle chiavi da parte del figlio e con brutali aggressioni verbali e fisiche.
Nel corso delle tantissime aggressioni la vittima ha subito una “forchettata” sulla mano e in altre è stata costretta a ricorrere alle cure del pronto soccorso, fino a riportare, a causa delle botte, 30 giorni di prognosi per la frattura di una costola e della caviglia causate dai calci. Fondamentali, per ricostruire la vicenda e determinare le responsabilità di C.T., sono state le prove raccolte dagli inquirenti, l’ascolto dei messaggi inviati dall’uomo e le testimonianze raccolte dalle persone a conoscenza dei fatti, soprattutto quelle dei parenti e dei datori di lavoro della vittima, a loro volta diventati bersaglio della condotta persecutoria dello stesso perché “colpevoli” di cercare di proteggere la loro dipendente dalle su irruzioni aggressive sul posto di lavoro, che hanno creato problemi all’esercizio commerciale con la clientela e causato spavento tra i dipendenti. Anche ai datori di lavoro lui ha inviato numerosi messaggi telefonici dello stesso tenore: pieni di insulti, diffamazioni, minacce e varie intimidazioni, cercando di obbligarli a far licenziare la sua ex compagna perché, nella sua idea, in questo modo la donna non avrebbe potuto permettersi di avere con sé i loro due figli. La vittima ha dovuto anche rinunciare ad una promozione sul lavoro perché la nuova mansione prevedeva delle responsabilità a cui la donna ha dovuto rinunciare, proprio a causa della mancanza di serenità provocata dalle azioni dell’ex compagno.
Il quadro probatorio accertato dagli inquirenti ha evidenziato una indiscutibile condizione di reiterata violenza psicologica e fisica alla quale la parte lesa è stata permanentemente esposta a causa della condotta persecutoria posta in essere dal C. T., che rischiava di sfociare in qualcosa di ben più grave. In azione, per delineare i contorni della vicenda, gli investigatori del pool antiviolenza del commissariato di Tivoli, coordinati dall’ispettore superiore Davide Sinibaldi. Abbastanza per motivare la misura cautelare emessa dal Gip di Tivoli su richiesta della procura. RedCro
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