di Gea Petrini
“I video e le foto non esistono, ma qualcuno Massimiliano Benedetto in Procura ce lo ha mandato e oggi abbiamo capito che era un consigliere comunale”. E’ il giorno dei testimoni Pd. La sentenza del processo a carico dell’ex sindaco Eligio Rubeis arriverà il 15 maggio, l’architetto di Forza Italia per sette anni ai vertici dell’amministrazione di Guidonia Montecelio, è accusato di corruzione e concussione.
Il processo: posti di lavoro e favori
Per la procura avrebbe abusato del proprio ruolo con l’obiettivo di ottenere l’assunzione di due persone a lui vicine, una all’Ipercoop del Tiburtino, l’altra all’Ihg. Pressioni, minacce di eventuali ripercussioni come quella di chiudere il centro commerciale in caso di esito negativo, oppure nel caso dell’Ihg l’allora sindaco avrebbe anche forzato sugli uffici comunali. Perché lo scambio sarebbe stato: l’Ihg assume e il Comune accelera sui pagamenti che doveva alla struttura sanitaria. Raccomandazioni sugli imprenditori che erano debitori, telefonate, espressioni colorite alcune immortalate nelle 600 pagine di intercettazioni: un sistema Rubeis che si sarebbe consolidato proprio su favori e clientelismo. Questa è l’ossatura di un processo iniziato tre anni fa, che ha catapultato Rubeis, dai vertici del potere politico amministrativo all’aula di tribunale. Rubeis che per un anno è stato ai domiciliari senza dimettersi da sindaco, tenendo quindi in piedi il governo anche se “sospeso” dal prefetto.
Il ruolo del grande accusatore
L’avvocato Sante Foresta che insieme a Augusto Colatei è il legale di fiducia dell’ex sindaco, ha puntato subito sul complotto politico. Non solo – è la tesi del legale di Rubeis – sui due capi d’imputazione Tiburtino e Ihg ci si troverebbe di fronte a un sindaco “che aiutava la gente”, ma l’intero ciclone giudiziario avrebbe alle origini una matrice di attacco o vendetta (come la si voglia vedere) politica. Secondo la difesa non ci sarebbero altre interpretazioni visto che a dare il via alle indagini sono state le dichiarazioni rese in procura da Massimiliano Benedetto, ex dipendente di una ditta che lavorava all’Inviolata, quindi della galassia di Manlio Cerroni. Nel 2014 venne licenziato e agganciò alcuni politici del Pd. Quindi si presentò in procura e avanzò accuse pesanti nei confronti di Rubeis, legate a mazzette e droga, tutto con sfondo Inviolata. Video e foto che non sono mai stati trovati nel telefono del “grande accusatore” come lo ha definito Foresta: la questione infatti si è risolta nel nulla non essendo stati individuati riscontri, e la vicenda quindi fu archiviata. Ma intanto erano partite le intercettazioni nell’ufficio del sindaco dalle quali però sono emersi i fatti (e non solo questi) del Tiburtino e dell’Ihg che hanno messo nei guai Rubeis che venne arrestato il 20 luglio del 2016. Insomma, l’intento della difesa, è di portare fuori i nomi di chi avrebbe quindi mosso l’ex dipendente della discarica contro Rubeis. Il teste sin da subito fece tre nomi, tutti del Pd: Domenico De Vincenzi, allora candidato sindaco e consigliere, Patrizia Carusi eletta nel 2014, e Emanuele Di Silvio l’unico ancora in carica come consigliere. Loro avrebbero visto i video. Ma la versione è stata smentita oggi in aula dai due testimoni presenti.
Carusi: “Rubeis si prodigava per gli altri”
L’udienza di questa mattina davanti ai giudici Nicola Di Grazia, Claudio Politi e Marianna Valvo è incentrata sulle deposizioni di Carusi e Di Silvio, assente De Vincenzi. Proprio sui rapporti con Massimiliano Benedetto, inizia la Carusi che risponde alle domande di Foresta. Non solo non sa nulla dei video ma dipinge il ritratto di un sindaco sempre pronto ad aiutare gli altri e a prescindere dal colore politico. “Io a Massimiliano Benedetto non ho mai chiesto pacchetti di voti come sostiene perché non li ho mai chiesti a nessuno. Era stato licenziato, lavorava alla discarica dell’Inviolata, e voleva essere reintegrato”. Arriva a lei attraverso l’indicazione di un sindacalista, “si rivolgono a me centinaia di persone perché ero un punto di riferimento in Comune”, e lo dipinge come “disperato” per aver perso il lavoro. I video compromettenti di Rubeis, la Carusi non solo non li ha mai visti, ma dice di non ricordare neanche che gliene avesse parlato precisamente. “Farfugliava di una situazione ingarbugliata alla discarica e io l’ho preso per un disperato”. L’ex consigliera comunale dice e ripete di non aver mai dato peso alle affermazioni dell’uomo ma di aver chiamato la segreteria dell’allora sindaco Rubeis per prendergli un appuntamento. Dopo un paio di tentativi diede nome e numero allo staff del sindaco. L’uomo voleva tornare a lavorare e Rubeis era l’unico che poteva aiutarlo, questo dice Carusi: “Rubeis si prodigava a trovare posti di lavoro per le persone, è stato un sindaco che ha aiutato tutti non solo quelli della sua area, io se avevo un problema mi rivolgevo a lui in quanto massima autorità del Comune”.
Di Silvio: “Gli consigliai di andare in Procura”
Quando è il turno di Di Silvio la deposizione è più netta. Il consigliere ricostruisce come è entrato in contatto con Massimiliano Benedetto, attraverso la figlia, durante la campagna elettorale del 2014. “Quando ci siamo visti a Colle Fiorito era agitato, aveva perso il lavoro e mi disse alcune cose, che il sindaco Rubeis prendeva tangenti e si drogava”. La difesa approfondisce, chiedendo di eventuali video e foto. “Solo un’immagine con dei rifiuti e delle tavole ma non si vedeva altro e non si capiva nemmeno dove fosse stata scattata”. Così Di Silvio chiarisce come è finito il colloquio, continuato poi successivamente anche con un sms: “Gli consigliai quello che consiglio sempre ai cittadini che mi riferiscono di possibili situazioni di illegalità. Gli consigliai di andare in procura. Quando sono situazioni che vedo con i miei occhi, come è anche accaduto durante amministrazione Rubeis, sono io a denunciare. In questo caso non potevo che indirizzare verso la procura”.
La difesa: “Smentito assunto inchiesta”
“Qualcuno Massimiliano Benedetto ce lo ha mandato e ora sappiamo chi, intanto di sicuro un consigliere comunale. Abbiamo trovato conferma che video e foto non esistevano, e lo hanno confermato due testimoni che non sono certo della stessa area politica di Rubeis. Oggi quindi è stato smentito assunto da cui è partita l’inchiesta”, commenta l’avvocato Foresta a margine dell’udienza. Fatti, mazzette e droga, per cui scattò allora l’archiviazione ma che portarono l’attenzione della procura su Rubeis.
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