Home città Guidonia E’ tornata l’inquisizione, ma contro i giornali: Barbet promette di indagare su di noi. Crisi a 5 stelle

E’ tornata l’inquisizione, ma contro i giornali: Barbet promette di indagare su di noi. Crisi a 5 stelle

E’ tornata l’inquisizione, ma contro i giornali: Barbet promette di indagare su di noi. Crisi a 5 stelle

“Indagherò”, tensione da trailer, mancano solo i bassi di una colonna sonora adeguata, al cardiopalma, purtroppo non è una serie tv, ma il consiglio comunale di Guidonia Montecelio, dove il sindaco Michel Barbet raggiunge l’apice della trasparenza e della correttezza nei rapporti con la stampa. Promette indagini, proprio con queste parole, ci sarà da aspettarsi ispezioni in redazione? Verifiche incrociate? Fustigazioni in piazza? Chissà. Meglio raccontare il lunedì a cinque stelle della terza città del Lazio. Sono riuniti con l’aria condizionata al massimo (il caldo c’è) per il consiglio comunale da fine luglio. Apriamo una parentesi, chi ama la politica sa che l’estate è il clou per gli atti improvvisi, le crisi, i riposizionamenti. C’è una lunga lista di precedenti, le lettere agostane, gli ammutinamenti nelle correnti, big messi all’angolo col solleone. Succedeva prima, ma i cinque stelle non sono immuni. Il sindaco ha mandato via l’assessore Romina Polverini. Le ha revocato le deleghe al Personale e più. Non c’è alcuna comunicazione ufficiale, ma il pezzo di carta sì, da giorni, nel Palazzo si mormora che la diretta interessata però non abbia ritirato la notifica. Un segreto? Per la città sì, visto che il sindaco Barbet non dice pubblicamente mezza parola, il web disseminato di profili fake di bene informati, già da due giorni suggerisce che qualcosa bolle in pentola. Benissimo. Si apre il consiglio e Emanuele Di Silvio prima, Arianna Cacioni poi, chiedono lumi. Non fanno il nome della Polverini, ma si riferiscono a un assessore mandato via. Il sindaco glissa. Esce l’articolo, col nome e cognome e che riprende le indiscrezioni già in circolazione e pubblicate giorni fa. L’opposizione incalza, vuole sapere, la Polverini intanto è in Comune. Barbet in tarda mattinata interviene in aula, comunica di averla mandata via perché non c’è più rapporto di fiducia ma senza spiegare le ragioni. “Alle 10 e 30 ha ritirato la notifica” e giustifica di non aver detto nulla prima perché la Polverini non aveva ancora formalmente preso il foglio in questione. Dice bene l’orario in cui lo ha fatto, “le 10 e 30” e a quel punto se la prende “con la stampa online” che ha scritto che le era stato revocato l’incarico “prima”, o meglio Barbet si impegna a verificare gli orari, l’articolo sarà uscito prima o dopo? Materia da investigatori. Incredibile ma è così. “Mi riprometto di indagare”, sillaba Barbet, vuole scovare i responsabili, questi cronisti che si permettono addirittura di fare il proprio lavoro, raccontare quanto avviene nel Palazzo, su atti pubblici, intorno a incarichi pubblici. Mettendo tutto poi su “Facebook” dice con un tono di indignazione. Non scherziamo, senza neanche il benestare del direttorio nostrano. Barbet lo fa per “tutelare l’immagine della Polverini”, spiega sempre a microfono, e lì c’è da non credere. Il sindaco la manda via, contro la volontà della diretta interessata, in pieno scontro, e i giornali però se lo scrivono la danneggiano. Oltre gli aspetti ai limiti del grottesco, sottolineati in aula a più riprese da Arianna Cacioni, “si preoccupa che la stampa dà notizie a fronte di atti firmati da lei” rimprovera la consigliera, resta l’allarmante dato. La totale disabitudine a rapportarsi con i giornali, l’incepparsi sempre nei meccanismi della trasparenza, la difficoltà ad accettare che non si possa gestire (manipolare?) tutto quello che è in uscita dal Palazzo: le informazioni, le notizie, i fatti. Assuefatti ormai alle auto-interviste, abituati a guardare con sospetto i giornalisti che meritano d’altronde di essere messi sotto indagine del sindaco. Che poi quel che s’intuisce è che Barbet voglia sapere le fonti, nel totale spregio della democrazia. Senza citare Costituzione, leggi dello Stato, basterebbe il buonsenso.
Gea Petrini

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